Un gigantesco aeroporto, la grande moschea, la megalomania di Erdogan – fotoreportage di Jean-Marc Caimi e Valentina Piccinni

Da quando il partito di Erdogan (l’Akp) è salito al potere nel 2004 la Turchia, e in particolar modo Istanbul, si è trasformata nella tela sulla quale il presidente affresca incessantemente le sue megalomanie da nuovo sultano ottomano. Durante l’ultimo decennio, sei dei dieci più ambiziosi mega-progetti infrastrutturali e architettonici del mondo sono stati realizzati o verranno realizzati in Turchia, per un budget di cento miliardi di dollari.

Fra i mega-progetti il più clamoroso è il terzo aeroporto di Istanbul, dal costo di 35 miliardi di dollari, che si appresta a essere il più grande del mondo occupando una superficie maggiore dell’isola di Manhattan. Un’opera che ha sollevato aspre critiche per l’impatto ambientale, la pericolosità del sito dove sono solite nebbie improvvise e per le centinaia di morti sul lavoro che stanno affliggendo la sua realizzazione. Inoltre, la Turchia ha visto un netto calo del traffico aereo negli ultimi tre anni, ponendo seri dubbi sulla reale necessità di un simile progetto. Fra le altre mega-opere di dubbia utilità c’è poi il terzo ponte sul Bosforo, noto per essere il ponte sospeso più alto del mondo e che è stato intitolato a Sultan Selim detto “l’implacabile”, sterminatore della minoranza etnica degli Alevi. Costruito in partnership con l’italiana Astaldi, il ponte sta registrando un traffico di molto inferiore alle aspettative, il che pone al governo turco un serio problema: dover risarcire con soldi pubblici le ineluttabili perdite delle società costruttrici, che dai pedaggi piuttosto salati avrebbero dovuto rifarsi degli investimenti.

La spinta all’islamizzazione, parte del progetto di rinnovamento di Erdogan, ha dato il via anche alla costruzione della più grande moschea dell’Asia Minore. Sull’alta collina che domina il Bosforo dalla parte asiatica di Istanbul ora svetta la gigantesca Çamlica Republic Mosque, opera da 100 milioni di dollari, in grado di ospitare 37mila fedeli. Simile a una fantascientifica astronave, il luogo di culto, inaugurato nel 2016 (per mantenere la scadenza promessa, ma in realtà ancora in costruzione), possiede il più alto minareto del mondo, un “siluro” puntato al cielo che supera quello di 105 metri della moschea Munawara alla Medina, in Arabia Saudita.

A tutto questo si aggiungono la pazza idea (in fase progettuale) del nuovo canale da 12 miliardi di dollari che dovrebbe collegare il Mar Nero al Bosforo, tagliando oltre 50 chilometri di terraferma, e i folli 583 miliardi già spesi negli ultimi 11 anni in infrastrutture e opere edilizie (a partire dalla gigantesca area residenziale fatta di grattacieli gemelli di Zümrütevler e quella che dovrebbe essere la nuova business-area di Atasheir). Malauguratamente per Erdogan questi investimenti, propri di un megalomane, si scontrano con la dura realtà, quella di una Turchia che dal 2017 ha smesso di crescere economicamente e di una valuta, la lira turca, recentemente svalutata e in caduta libera sui mercati internazionali.

 

 

Il servizio completo è pubblicato su Reportage n°36, acquistabile qui in cartaceo e in versione digitale

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