Non sono più le bandiere contro la guerra a sventolare in testa ai cortei, come negli anni Sessanta. Quand’è stata l’ultima grande manifestazione contro la guerra, cerco di ricordarmi insieme a Greg Tate, membro fondatore della Black rock coalition, musicista, giornalista, scrittore e critico culturale. Il 15 febbraio del 2003? “Abolita la coscrizione obbligatoria – riflette Tate – la guerra si è trasformata in un’operazione mercenaria, specialistica, più economica, e l’attenzione ai nostri interventi bellici è scemata paurosamente. Allontanato lo spettro della morte dalle case americane anche l’orrore della guerra ha disertato la coscienza civile”.
Ne parlo anche con il sociologo e scrittore Todd Gitlin, il quale mi ricorda che fu lui, nel 1964, a pubblicare il primo articolo contro la coscrizione obbligatoria: “Ma non è più quella la mia posizione, credo invece che la chiamata alle armi sia un grande strumento di democratizzazione, quando non è fondata sul ceto. Se un Paese vuole la guerra, è giusto che si rischi tutti”. O ci si opponga tutti, ma non che si deleghi a una classe militare il compito di lavare le mani degli americani da questi orrori. Ma forse altri orrori, in casa, ci distraggono. Lo scrittore afroamericano Walter Mosley ricorda come suo padre, veterano della Seconda guerra mondiale, tornato in Louisiana, abbia realizzato con sgomento che, laddove la maggioranza dei suoi compagni erano sopravvissuti al conflitto, la maggior parte dei suoi vicini di casa, neri, erano morti durante la sua assenza. Che cos’è cambiato? (…)
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