Inaugurata nel 1960, la megalopoli brasiliana rispecchiava un desiderio di utopia, rappresentato da un progetto urbanistico ispirato a Le Corbusier e dai grattacieli di Niemayer. Oggi ci sono quattro città nella città e, tra i problemi, quelli della denatalità e di un diffuso senso d’insicurezza.
Non mi sono accorta di nulla”, racconta Ana Maria Vasconcelos, docente di demografia presso la Universidade de Brasília. L’8 gennaio scorso era una domenica. Lei aveva passato la giornata in casa, non aveva acceso la tv e da dove si trovava, nella zona nord della capitale, non si poteva udire nulla di quanto avveniva nella praça dos Três poderes, quando migliaia di persone prendevano d’assalto i palazzi istituzionali, per chiedere un intervento militare per rovesciare il governo Lula.
Brasilia è stata pianificata per avere due anime: capitale amministrativa di un Paese che voleva stupire il mondo e città residenziale, efficiente e egualitaria, con giardini e zone pedonali. Inaugurata nel 1960, epoca nella quale il Brasile aveva fretta di superare il complexo de vira-lata, la sindrome del “cane bastardo”, il complesso d’inferiorità verso il mondo sviluppato. Così tanta fretta che il presidente dell’epoca, Juscelino Kubitschek (JK, come tutti lo chiamano in Brasile) andò al potere con un piano chiamato “50 anni in 5”. Nel quinquennio presidenziale, promise di industrializzare, elettrificare, spianare, collegare. E fondare una nuova capitale, simbolo di quell’euforia (d’altronde, costruire città dal nulla è una fissazione del potere che continua ancora oggi, con Neom, il progetto del principe saudita Mohammed bin Salman, o Snailbrook, la città del magnate Elon Musk in Texas). L’idea di JK risaliva addirittura all’impero portoghese, la zona venne individuata già a nell ‘800 da una missione di esploratori: si fissò un punto nella mappa che potesse collegare l’immenso territorio brasiliano, le coste, l’ovest, la zona amazzonica. Dopo due capitali affacciate sull’Atlantico, la nuova capitale sarebbe sorta nel centro del Paese, scolpita in mezzo alla foresta.
Lucio Costa, urbanista carioca che si rifaceva alle idee innovative di Le Courbusier, si aggiudicò il concorso di pianificazione partendo da un disegno semplice e innovativo: la pianta di un aeroplano, il Plano piloto. “L’idea era quella del cardo e decumano romano, due assi che si incrociano. Nella fusoliera, la parte centrale ospita gli uffici e i palazzi monumentali disegnati da Oscar Niemeyer – spiega Thiago de Andrade, urbanista e architetto – l’incrocio dei due assi è la stazione Rodoviária, l’edificio più geniale di Costa. Una struttura apparentemente semplice che però serve da ponte pedonale, stazione dei bus e cavalcavia per auto e bus. E nelle due ali le superquadra, il contributo brasiliano all’architettura del XX secolo”. (…)
Ph. La cattedrale di Brasilia, disegnata dall’architetto Oscar Niemayer.
Il servizio completo è pubblicato su Reportage numero 56 (ottobre-dicembre 2023), acquistabile qui in formato cartaceo e in digitale.