Nessuno sa quanti siano, non lo sapevano neppure quando il dittatore Enver Hoxha era vivo: si stima fossero 170mila, ma molti sono stati distrutti dalla rabbia della popolazione, altri sono stati trasformati in chioschi, mini-hotel, installazioni artistiche, rifugi per le capre. La storia di Carlo Bollino e del museo che contiene i segreti del passato.
Chi cammina lungo il boulevard Deshmoret, a Tirana, viene abbagliato da una pachidermica stella bianca. Assomiglia a un’astronave caduta per sbaglio sulla terra tra edifici troppo alti, alberi troppo bassi e bar troppo affollati. Come un fiume colorato e urlante, ragazzini affannati stanno correndo proprio verso quel luogo accecante che tutti chiamano la “Piramida”. L’enorme obelisco è stato costruito per custodire la memoria del dittatore comunista Enver Hoxha (mentre era ancora in vita). Esercitò il suo pugno di ferro e il terrore in Albania da quando prese il potere da partigiano rivoluzionario nel 1945 fino alla morte, avvenuta 40 anni dopo. Morirà nel 1985, il suo regime qualche anno dopo, nel 1990. Oggi però nella struttura semi-aliena del “faraone” albanese ci sono bar alla moda e palchi per le stelle moderne, quelle pop, non più quelle rosse di allora.
Hoxha che vietò dio e religione, impose però le sue cattedrali atee: quello albanese è stato un regime di cemento armato. La Piramide di Hohxa – l’edificio più costoso mai costruito durante il suo governo, che fu il più isolazionista d’Europa dell’epoca – hanno tentato di tirarla giù più volte, a forza di pugni o con iniziative formali e legali. La struttura è sopravvissuta, ma solo per diventare un simbolo dei paradossi con cui la storia sa avvolgere il destino dei popoli: durante la guerra in Kosovo è diventata una base Nato per i militari americani. Poi un set per film (anche dell’orrore). L’ultima beffa imposta all’architettura comunista l’ha inflitta il capitalismo: è diventata un centro commerciale. Oggi dalla punta della piramide lattea si scorge un’altra metamorfosi della città che si è liberata da più di trent’anni dalla falce e martello: dal picco dell’Albania che fu si scruta l’Albania che sarà. Anzi, che è. (…)
Ph. La cupola del museo di Bunkart con i volti delle vittime del regime Hoxha. Il buco è stato provocato da un assalto politico e il curatore, l’italiano Carlo Bollino, ha deciso di non ripararlo in ricordo dell’evento.
Il reportage completo è pubblicato su Reportage numero 60 (ottobre – settembre 2024), acquistabile qui in formato cartaceo e in digitale.