Coi bambini di Mosul a sette anni dalla “liberazione” | Testo e foto di Ilaria Romano

La seconda città irachena dopo Baghdad ha ripreso lentamente a vivere dopo essere stata distrutta dalle forze dell’Isis. Nella parte vecchia le famiglie che sono tornate a casa si contano sulle dita di una mano. La grande maggioranza dei minorenni lavorano per le strade, pochissimi studiano. Dal 2003 le guerre in Iraq hanno provocato cinque milioni di orfani.

 

Ogni venerdì una delle strade di ingresso a Mosul, la Erbil-Mosul Road che collega la seconda più grande città dell’Iraq, dopo Baghdad, alla capitale del Kurdistan iracheno, si affolla per il mercato settimanale degli animali. Giovani e anziani si ritrovano a contrattare sul marciapiede, fra gabbie e banchetti, per l’acquisto di galline, tacchini, cardellini, pecore e capre, mentre lunghe file di auto rallentano fino a fermarsi, in mezzo alla polvere di un asfalto sconnesso.

Anche nel grande mercato di fronte alla moschea del profeta Yunus si sono formate lunghe code di persone che comprano frutta e verdura, affondano le mani in grandi mucchi di vestititi usati, provano occhiali da sole e profumi, si concedono un sacchetto di succo di frutta di quelli esposti in lunghe file uno sull’altro, a gusti alternati. Tra la folla, in mezzo al frastuono dei megafoni delle bancarelle che rimandano messaggi di offerte speciali dal suono distorto, si fa largo un bambino che non raggiunge il metro d’altezza: ha una decina di buste di plastica nuove di zecca con l’inconfondibile logo delle Marlboro rosse, e si guarda intorno in cerca di clienti. Abdullah, questo il nome del bambino, veste la maglietta dei suoi supereroi preferiti e trascorre al mercato tutta la mattina. Quando vede arrivare una persona carica di spesa, l’avvicina senza parlare, afferrandogli un lembo della camicia o toccandogli piano il gomito. Se la persona non lo allontana, mostra le sue buste bianche col logo Marlboro, e spera che gliene compri una per qualche spicciolo. Spesso aiuta anche a sistemare gli acquisti, ma non appena il peso si fa insostenibile lascia tutto per terra, ringrazia velocemente il suo acquirente e ne cerca un altro.

“Siamo in cinque a lavorare al mercato – spiega sottovoce – ci dividiamo le buste e ognuno si sposta in una zona diversa. Quando le finiamo andiamo a prenderne delle altre, c’è un signore che le conserva in un magazzino qui vicino. Una parte del guadagno la diamo a lui, il resto è nostro”. (…)

 

Ph. Una veduta di una parte distrutta di Mosul.

 

Il reportage completo è pubblicato su Reportage numero 60 (ottobre – settembre 2024), acquistabile qui in formato cartaceo e in digitale.

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