L’Ima Kheitel di Imphal, stato di Manipur, è composto da tre grandi bazar a forma di pagoda. Ogni bancarella è registrata ed ereditata in linea femminile. Agli uomini qui non è permesso lavorare. Le leader hanno uno straordinario potere, in netto contrasto col resto del Paese, e vengono ascoltate anche dalla politica
Mentre i primi raggi di luce colpiscono la capitale del remoto stato indiano di Manipur, Imphal, il “mercato delle madri” è già avvolto in una cacofonia di colori e spezie. Dalle bancarelle del pesce risuonano già le voci delle casalinghe in fila per le succulente carpe dorate provenienti dal vicino lago Loktak, mentre i primi acquirenti vagano tra le bancarelle traboccanti di frutta e verdura, cercando di mettere la mano sui migliori prodotti del giorno. A pochi metri di distanza, alcune venditrici siedono in silenzio accanto a pile interminabili di ceramiche e cesti di bambù, aspettando pazientemente i primi clienti. Le più intraprendenti lanciano battute ai passanti per attirare la loro attenzione, offrendo assaggi di dolci locali e riso soffiato. Altre chiacchierano tra loro, oppure approfittano di una piccola pausa per godersi una ciotola di riso al vapore e pesce fritto. Prima di sistemare le loro merci, molte fanno una breve visita al santuario di Ima Imoinu, dea della ricchezza e degli affari e principale protettrice del mercato, lasciando offerte propiziatorie per la giornata. Situato nel centro di questa vivace città al confine con il Myanmar, l’Ima Keithel (o “mercato delle madri” nella lingua locale meitei) è il mercato più grande del mondo gestito esclusivamente da donne. Qui operano circa 10mila commercianti, che vendono ogni tipo di prodotto locale, dal cibo ai tessuti, dai coltelli ai giocattoli e agli articoli religiosi.
L’Ima Keithel è composto da tre bazar adiacenti a forma di pagoda, allestiti con semplici bancarelle su file parallele di cemento. Ogni “madre” possiede una postazione precisa, regolarmente registrata e che viene trasmessa di generazione in generazione; la successione avviene tra sorelle, figlie o nuore. A parte alcuni facchini che trasportano le merci al mercato, qui agli uomini non è permesso lavorare. “Il mercato è sempre stato gestito dalle donne. Non ci sentiremmo a nostro agio se ci fossero uomini in giro”, spiega Lalita Soibam, 72 anni, una venditrice di pesce che lavora nel mercato da 37 anni. “Qui possiamo parlare di delicate questioni familiari, di affari, o di amici che non vediamo da anni. A casa non potremmo parlare così apertamente”, le fa eco Victoria Oibam, 50 anni, che gestisce un banco di banane. (…)
Ph. Imphal, una delle tre pagode del “mercato delle madri” è totalmente dedicata ai tessuti.
L’articolo completo è pubblicato su Reportage numero 59 (luglio – settembre 2024), acquistabile qui in formato cartaceo e in digitale.