Haiti devastata dalla violenza il controllo è in mano alle gang | Fotoreportage di Olivier Jobard

Ogni giorno si assiste a scene orribili nelle strade. La popolazione è abbandonata a sé stessa, dopo tre anni di collasso istituzionale. C’è chi ha deciso di farsi giustizia da solo e istituire dei tribunali improvvisati per condannare e linciare i capi delle bande criminali

 

Naufragata in una tempesta di violenza, la nazione haitiana affonda. Il fallimento dell’ordine statale è stato sostituito dal regno spietato delle gang. A sud di Port au Prince, le abbiamo seguite nel pieno della loro conquista territoriale. Affiliati alla più grande gang della regione, specializzata in rapimenti, questi giovani haitiani hanno preso le armi in nome di una rivoluzione improbabile. Uccidono poliziotti e civili per il controllo di un angolo di strada e per creare domani un centro di racket che impoverirà ulteriormente una popolazione abbandonata da tre anni di collasso istituzionale. A fronteggiarli ci sono poliziotti regolari e altre bande, formate proprio da membri delle forze dell’ordine, che hanno fretta di agire, ma che adottano i tratti peggiori dei loro avversari, non esitando, a loro volta, a estorcere denaro ai cittadini. Presa nella trappola di una polizia simile a una milizia, predatrice come i banditi che combatte, la popolazione non ha altra scelta che fuggire o venire trascinata in guerra.

C’è chi, tra la popolazione, ha deciso di farsi giustizia da solo. La giustizia sommaria la chiamano Bwa Kale. I presunti membri delle gang che vengono catturati nei quartieri sono consegnati alla vendetta del popolo, che li lapida e li brucia vivi nei macabri tribunali a cielo aperto che si moltiplicano in tutta l’isola. Ogni giorno per strada, i bambini si imbattono in corpi carbonizzati e fumanti. Eppure, ci sono giovani che resistono a questa impennata di violenza. “La speranza è sapere che il domani esiste”, ci ha detto Litainé Laguerre, uno dei poeti più promettenti dell’isola. Questo è forse il raggio di luce nella notte buia che è scesa su Haiti. Ci sono intellettuali brillanti che si rifiutano di andarsene. Hanno intorno ai 25 anni e sono cresciuti immersi nella letteratura francese, latina e caraibica. Resistono con le loro parole, inventando una prosa che viene dal profondo delle baraccopoli.

Queste persone, che il governo non si è mai degnato di proteggere, che convivono con la paura nello stomaco e “con la pallottola”, quel proiettile vagante che potrebbe colpirli ogni giorno, vogliono credere che il presente sia solo un periodo buio. Appassionati di storia, sono ancora orgogliosi dei loro antenati che sconfissero il generale Rochambeau, venuto agli ordini di Napoleone per riprendere il controllo di questo territorio, conosciuto al tempo come Saint Domingue. Una memoria passata. Un motivo di orgoglio. Il loro ultimo talismano mentre la loro nazione cade a pezzi. Charles Emptaz

 

Ph. Alcuni studenti del quartiere chic di Pétionville a Port au Prince passano davanti ai corpi di due ladri catturati dalla folla, lapidati e bruciati vivi.

 

Il portfolio completo è pubblicato su Reportage numero 59 (luglio – settembre 2024), acquistabile qui in formato cartaceo e in digitale.

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