Intervista a Alessandro Bertante. Un autore un libro | di Maria Camilla Brunetti

Mordi e fuggi. Il romanzo delle BR (Baldini+Castoldi) | di Alessandro Bertante

L’intervista è pubblicata in Reportage numero 50, nella rubrica “Un autore un libro” a cura di Maria Camilla Brunetti

 

Come nasce l’idea per Mordi e fuggi, romanzo in cui racconti la nascita delle Brigate Rosse in Italia?

La domanda da cui parte Mordi e fuggi è questa: perché un ventenne nel ’69-‘70 decide di aderire alla lotta armata facendo una scelta così faticosa da un punto di vista esistenziale? Considerato che fu una scelta che in molti fecero, volevo indagare le motivazioni della fase aurorale dell’eversione armata in Italia. Poi c’è stato un corto circuito biografico. Mentre cerca- vo materiale per il libro ho scoperto che la prima comune dove abitavano quelli del Collettivo Politico Metropolitano, del quale facevano parte anche persone che di lì a poco avrebbero fondato le Brigate Rosse, si trovava a cinquanta metri da dove abitava la mia famiglia. Probabilmente in quel periodo mia mamma con me in carrozzina, io sono nato nel 1969, potrebbe avere incontrato per strada Curcio o Franceschini. Questo cortocircuito è stato come un segnale che mi ha fatto capire di dover scrivere il libro.

Il romanzo unisce elementi storici – gli eventi e i personaggi reali che portarono alla fondazione delle Brigate Rosse – a elementi di fiction. Chi è Alberto Boscolo, il protagonista e la voce narrante del romanzo e come hai ricostruito la sua vicenda narrativa?

Per quanto riguarda la costruzione romanzesca mi sono basato su un fatto storico, ovvero che ci sono almeno due persone del nucleo storico delle Brigate Rosse che non sono mai state identificate. Gli inquirenti sapevano che c’erano determinate persone durante alcune delle azio- ni dei primissimi anni delle Brigate Rosse, ma né Curcio, né Franceschini, così come nessuno del nucleo storico, ha mai rivelato la loro identità. Io ho immaginato che Alberto Boscolo fosse uno di questi due fondatori. In più ho raccolto, nel corso degli anni, testimonianze dirette di testimoni dell’epoca che – unite – hanno dato vita al contesto storico. Ogni componente delle Brigate Rosse che parla nel romanzo lo fa attraverso i suoi libri autobiografici. Non ho voluto mettere in bocca a nessuno di loro parole che non abbiano mai pronunciato. Ho quindi inserito un contesto di narrativa fiction all’interno di un contesto storico molto ben documentato. Il mio correlatore di tesi di laurea, peraltro, fu Giorgio Galli che è stato uno dei massimi esperti di Brigate Rosse in Italia.

In Mordi e fuggi un ruolo molto importante lo riveste la città di Milano, in un passaggio fondamentale e tragico della sua storia – quello tra la fine degli anni Sessanta e i primissimi anni Settanta del Novecento – segnato da fratture laceranti. Che città era la Milano di quegli anni?

La Milano di allora era ancora una città prevalentemente operaia. All’interno della linea degli autobus 90 e 91, che divide il centro di Milano dalla sua periferia, c’erano tre grandi fabbriche: la Sit-Siemens, l’Alfa Romeo e l’Alemagna, con un bacino di migliaia di operai che facevano par- te del contesto socio-culturale della città in maniera decisiva. La ferita lacerante di quella Milano fu la strage di Piazza Fontana che creò un senso di impunità, di violenza così impronunciabile da parte dello Stato – perché già allora era netta la consapevolezza che la strage fosse stata etero diretta da organi dello Stato – da portare alla radicalizzazione di moltis-sime persone e, conseguentemente, alla lotta armata.

Tu insegni narrativa e letteratura alla Naba (Nuova Accademia di Belle Arti) di Milano. Qual è la conoscenza che i ventenni hanno del periodo storico che tratti nel libro, quello della lotta armata e degli anni di piombo in Italia?

Adesso che unisco sia il ruolo di professore sia quello di direttore del Triennio ho una mappatura dei ventenni abbastanza esaustiva e posso dire che per loro Mordi e fuggi è un romanzo storico. C’è già quella che, nell’analisi storica, si chiama diacronia. Ossia manca l’elemento sincronico; per loro quella raccontata nel romanzo è già un’altra epoca. Per loro leggere qualcosa sulla guerra partigiana o sulle Brigate Rosse è la stessa identica cosa. Hanno sicuramente molta curiosità sul periodo storico perché avvertono questa distanza cronologica come qualcosa da colmare e vivono quel periodo storico come qualcosa da conoscere.

 

 

About author