Premesse all’abitazione e altre prospezioni | di Andrea Zanzotto (Aragno)
Non capita spesso di poter avere tra le mani un’edizione così ben curata di alcune fra le prose di Andrea Zanzotto più significative per una riflessione contemporanea sul rapporto tra spazio umano e natura. Zanzotto, di cui quest’anno ricorre tra l’altro il centenario della nascita, ha infatti manifestato spesso il suo interesse politico per le condizioni ambientali e climatiche. Il paesaggio del Veneto è stato al centro tanto della sua poesia quanto del suo impegno civile. Ora Aragno propone Premesse dell’abitazione e altre prospezioni, nella collana “pietre d’angolo”, curata da Andrea Cortellessa. Premesse all’abitazione, una prosa a metà tra il narrativo e il diaristico, risale al 1963, ma la sua limpidezza la rende una scrittura fotografica che potrebbe documentare, senza che la genuinità della lingua scolorisca con il passare del tempo, le mutazioni paesistiche e antropologiche della provincia veneta dopo il boom economico. La vicenda della costruzione della villetta unifamiliare, in cui Zanzotto abiterà per tutto il resto della vita, si configura come una premessa alla vicenda dell’urbanizzazione delle aree rurali e della disseminazione di architetture minimaliste commerciali che prendono il posto dello stile di abitazioni e chiese, che per secoli erano armonizzate con i colori e le forme della natura. Sui paesi di Cima da Conegliano irrompe il tempo del futuro semplice, condensato in rapporti di produzione, uso e consumo: la bellezza è corretta da una brutta funzionalità. I legami tra uomo e natura – che per Zanzotto non ha nulla di romantico né di idillico, ma indica l’appartenenza biologica e geologica dell’umanità a ciò che esiste – subiscono fratture, un cortocircuito di corrispondenze, e raccontare la costruzione della propria casa diventa un’esperienza che forza il senso vero dell’abitare: inserirsi e crescere nel proprio habitat senza snaturarsi. Zanzotto, tuttavia, non vuole farsi portavoce di discorsi strettamente ecologisti, come la cosiddetta ecoliterature attuale. La sua è soprattutto una ricerca di autenticità, indissolubilmente legata a una condizione “biologale” dell’essere umano che, come nella Land Art, necessita di una fedeltà tra lo sguardo e il paesaggio, di un’umiltà della creazione verso le forme della natura, e la consapevolezza che è il bios ciò da cui siamo venuti e ciò in cui torneremo. Forse questa è la condizione di un futuro anteriore, secondo Zanzotto, che a differenza del malsano, pragmatico futuro semplice può far intravedere l’ipotesi pratica di qualche speranza. Maria Borio
Lettere e altri testi | di Gilles Deleuze (Giometti&Antonello)
“E, come a te, non mi interessa scrivere articoli ‘contro qualcosa’, o ‘stroncature’ (…). Per recensire un libro bisogna apprezzarlo, anche se in minima parte”, scrive Gilles Deleuze a un suo ex compagno di studi alla Sorbona e ci trova totalmente d’accordo. A questo proposito, le sezioni più “apprezzabili” del suo Lettere e altri testi, pubblicato da Giometti&Antonello, sono proprio le lettere (inedite) a un gruppo di amici, come Foucault, Guattari, Gherasim Luca e Pierre Klossowski, o a corrispondenti occasionali per motivi di lavoro, e una lunga intervista (43 pagine) con lo stesso Guattari sull’Anti-Edipo. Le lettere consentono uno sguardo da vicino sulla vita professionale, i progetti, le aspirazioni del filosofo francese, ma anche sulla sua vita privata (in particolare, il suo stato di salute), vita privata sulla quale Deleuze è sempre stato molto riservato. A uno studente spiega, in estrema sintesi, alcuni suoi lavori: “Alla base del Proust c’era la semplice idea che il tema della memoria non era importate. Nel Masoch, che il masochismo non aveva nulla a che fare col sadismo. e per Kafka, che non c’entravano niente la legge e il senso di colpa”. Gli “altri testi” sono o saggi non ancora pubblicati tra le opere postume, oppure scritti giovanili da lui ripudiati e che aveva vietato di pubblicare. Così come, purtroppo, vietò la pubblicazione dell’opera che stava scrivendo prima della malattia e del suicidio, un testo su Marx dal titolo La grandeur de Marx. Riccardo De Gennaro
Il libro delle case | di Andrea Bajani (Feltrinelli)
I luoghi che abitiamo ci vedono e dicono di noi dettagli privati, il segreto nascosto al fuori, la vita interiore che accade mentre l’intimità di un vissuto si compie. Il libro delle case di Andrea Bajani, entrato nella cinquina dell’ultimo Premio Strega e in quella del premio Campiello, è un’opera narrativa di impianto inaspettato e complesso, fuori dalle strutture temporali di un tempo lineare e cronologico. È un raccontare attraverso i luoghi che ospitano una vita, il compiersi di un destino. C’è la casa del sottosuolo, su uno dei colli di Roma, la casa dell’infanzia, quel luogo di creazione del dolore, dei vuoti e delle ombre della famiglia di nascita; la casa dell’armadio, quella in cui la futura moglie, non ancora moglie ma solo madre, vive insieme alla sua bambina a Torino; la casa del per sempre, che non è un luogo fisico ma la fede nuziale che sancisce un patto di eternità tra Io e la donna che diventerà sua moglie; la casa signorile di famiglia, quella in cui Io, moglie e bambina si trasferiranno dopo il matrimonio. I luoghi ci ascoltano, sanno di noi cose che ci sono sconosciute, sono luoghi fisici e dell’anima in cui restano – mentre le lasciamo – le cose che non siamo riusciti o non abbiamo voluto portare con noi, e che rispondono alla domanda più dolorosa per l’essere umano: chi sono io? Rimangono le parole, la casa in cui la scrittura si compie e diventa il luogo del dire, che protegge ferisce e crea, il primo e l’ultimo abitare di uno scrittore. Maria Camilla Brunetti
Pierrot le fou | di Massimo Novelli (Oltre edizioni)
Pierrot le fou, che ispirò parzialmente Jean-Luc Godard per il suo film omonimo, è stato un gangster francese che ha terrorizzato la Francia negli anni Trenta e Quaranta, soprannominato anche il Dillinger di Parigi. Il suo vero nome era Pierre Carrot, figlio – paradossalmente – di un agente della gendarmeria francese. Avvalendosi in primo luogo delle sensazionali cronache dell’epoca, Massimo Novelli racconta la vita rocambolesca di un bandito innamorato, che fa tatuare sul braccio il nome della sua donna, Katia, all’anagrafe Caterina Reynero, un’italiana nata a Frassino, in Piemonte. Tredici tentativi di evasione, nove condanne, ventidue anni di carcere trascorsi in cinque diversi bagni penali, fughe, sparatorie: Pierrot le fou (numero 2, perché prima di lui ce n’era stato un altro del quale era rivale) è una figura mitica della storia d’oltralpe. Aveva partecipato alla resistenza contro i nazisti (mentre il numero 1 era un collaborazionista), contava molti amici che avevano combattuto nella Guerra civile di Spagna con le Brigate internazionali, leggeva Boris Vian: un giorno si fece fotografare con una copia di J’irai cracher sur vos tombes, il capolavoro del poeta esistenzialista. Novelli racconta una storia che non ha fine (nessuno sa quando e dove sia morto Carrot e qualcuno sostiene addirittura che sia ancora vivo), mantenendo per tutto il libro un ritmo incalzante, come una corsa a perdifiato. Riccardo De Gennaro
Rovesciare il mondo | di Federica Tourn (Aut Aut edizioni)
Quelle che Federica Tourn racconta in Rovesciare il mondo sono storie di militanze femministe, a diverse latitudini geografiche, in contesti culturali e sociali lontanissimi tra loro, tenute insieme da una stessa istanza politica, quella della difesa dei diritti, degli spazi di politica del femminile e delle sue pratiche di autodeterminazione.
Le realtà di cui la giornalista scrive nascono da un’azione politica quotidiana volta a proteggere quei diritti acquisiti dalle donne in decenni di lotte sociali – o quei diritti non ancora ottenuti per i quali si continua a lottare strenuamente in molte parti del mondo – messi sotto accusa dai governi neoliberisti, populisti, autoritari e integralisti ancora oggi, nei primi anni Venti del Ventunesimo secolo. Tourn porta il lettore nella miseria dell’Ucraina piegata dallo sfaldamento dell’Urss sulla fine degli anni Dieci del Duemila, dove nacque il primo nucleo delle Femen; nel cuore dell’affaire Weinstein, che darà vita al movimento del Me too scoperchiando il vaso di Pandora degli abusi sessuali maschili in ambito lavorativo ai più alti vertici delle società occidentali; nei Paesi latino-americani lacerati dai femminicidi in costante aumento, nei quali nasce il movimento Ni una menos, che si diffonderà rapidamente dando vita a una rete di movimenti femministi su scala globale. Ed è proprio la scala globale di questi movimenti a dire la vera portata di queste lotte. Maria Camilla Brunetti
I libri che abbiamo letto su Reportage numero 48