Immaginata da un gruppo di intellettuali, artisti e architetti avveniristici, permeata di cultura libertaria e cosmopolita, la città degli hippy resistette anche a Pinochet, che a pochi chilometri di distanza fece costruire un campo di concentramento. Ancora oggi ogni decisione viene presa all’unanimità. Il racconto di Victoria e Sebastián…
Si arriva alla Ciudad abierta lasciandosi alle spalle i grattacieli di Viña del Mar, sulla costa cilena del Pacifico, una cinquantina di chilometri a nord di Valparaiso. Superato un cancello ci si inerpica tra vallette e grandi dune battute dal vento dell’oceano. Affondate nella sabbia o aggrappate a una collina nella bassa macchia oceanica, troviamo una manciata di costruzioni sbilenche, che assomigliano a fragili castelli di carta, sculture più che case, agglomerati provvisori di materiali diversi. Il percorso è interrotto da piazze lastricate di cemento rustico o di mattoni, da muri che circondano spazi vuoti e avvallamenti, scale di legno che si inerpicano per le quebradas, una via di mezzo tra una scenografia di un film di fantascienza e uno spazio nomade, dove da cinquant’anni vengono in pellegrinaggio studenti di architettura da tutto il mondo per vedere come vivono e lavorano famiglie di artisti e architetti, ostinatamente impegnati a tener viva un’utopia concreta, un po’ balzana e un po’ esclusiva, immaginata da un gruppo di austeri intellettuali cosmopoliti a cavallo tra gli anni Sessanta e gli anni Settanta.
Non è possibile stabilire con precisione un inizio. O almeno chi ci abita dà risposte vaghe e diverse. Sarà stato nel gennaio 1971, quando sono stati acquistati i terreni a Punta de Piedra? O prima, quando il 20 marzo 1969, in una sorta di happening fondativo, è stato celebrato sulla spiaggia l’anniversario della nascita di Hölderlin, il poeta tedesco che con il suo famoso verso celebrato da Heidegger – Pieno di merito, ma poeticamente abita l’uomo – ha tracciato la via di questo progetto visionario? (…)
Ph. “La Alcoba, Arte Abisal nelle dune”. Tutte le immagini del servizio sono tratte dall’Archivio di Ciudad Abierta e dall’Archivio Històrico José Vial.
L’articolo completo è pubblicato su Reportage numero 45, acquistabile in libreria e qui in versione cartacea e in digitale.