Dopo nove anni Fukushima è ancora deserta | fotoreportage di James Withlow Delano

Quarantatremila persone continuano a vivere come evacuati, mentre solo il cinque per cento
dei residenti di Namie ha scelto di tornare, tre anni dopo che l’ordine di evacuazione è stato revocato. A rientrare sono soprattutto gli anziani. Moltissimi i casi di depressione e suicidio.

 

Mentre il disastro nucleare di Fukushima Daiichi si avvicina al suo nono anniversario, il tamburo battente che vede l’energia nucleare come soluzione per il cambiamento climatico ha raggiunto l’apice. Titoli di giornali come “Vuoi fermare il cambiamento climatico? Allora bisogna innamorarsi di nuovo dell’energia nucleare”, “Perché le energie rinnovabili non possono salvare il pianeta” e “Il nucleare può salvare il mondo” sono diventati comuni e non solo eccezioni. Ci pensavo recentemente mentre, all’interno della zona ad accesso vietato di Fukushima, osservavo dal vetro di un distributore automatico delle uova che sono rimaste chiuse in quei box per nove anni, in attesa di clienti che non sono mai arrivati. L’ambiente intorno a loro è stato così tanto avvelenato dalla ricaduta di sostanze radioattive che l’intera comunità di Okuma è stata isolata dal resto del mondo per quasi una decade. Suppongo che sia più facile cancellare i rischi dall’energia nucleare fino a quando la Fukushima Daiichi vicino a te non si scioglie ed espelle un cocktail radioattivo di cesio-137 aerodisperso, iodio-131 e trizio che ricoprono un’area delle dimensioni dello Stato americano del Connecticut in caduta radioattiva. Nove anni dopo il disastro, ci sono ancora decine di migliaia di persone che non possono tornare alle loro comunità, contaminate – e alterate per sempre – nemmeno per poche ore, senza un permesso speciale. Anche in comunità come Namie, dove l’ordine di evacuazione per la maggior parte della città è stato revocato tre anni fa permettendo ai residenti di tornare alle loro case, solo il cinque per cento ha scelto di farlo. (…)

 

 

ph. Una casa abbandonata nell’area di Namie, zona che è stata riaperta nel gennaio 2017, dopo sei anni di divieto, ma che ha visto il ritorno soltanto del cinque per cento della popolazione residente.

 

 

Il fotoreportage completo è pubblicato su Reportage numero 42, acquistabile qui in versione cartacea e in digitale.

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