Sono sempre di più in Italia i “centri di ascolto” dei “maltrattanti”. Hanno metodi terapeutici differenti, ma lo stesso scopo: far riflettere i condannati sulla rabbia scaricata su mogli e compagne. Le iniziative di Torino, Milano, Firenze. E Pisa ricorre alla robotica.
Schiaffi, mani al collo e strattoni. Ma anche controllo delle frequentazioni, del cellulare o del conto corrente, isolamento dalla famiglia d’origine, atti persecutori e gelosia ossessiva, umiliazioni, critiche continue a qualsiasi aspetto della sua vita, dalle scelte lavorative all’abbigliamento ritenuto troppo vistoso. Normale routine, in almeno cinque milioni di case italiane. Questa è la violenza quotidiana che vi si annida, il paradosso oscuro dei rapporti che si proclamano d’amore e che invece vedono contrapposti vittima e carnefice. Rispettivamente donne e uomini, avviluppati dentro complesse relazioni di coppia che non sempre è facile riconoscere come malsane, ma che possono giungere anche all’atto estremo: ogni tre giorni in Italia muore una moglie o una fidanzata, che ha subìto vessazioni per mesi, per anni. Ed è un’emergenza che, sotto il profilo economico, pesa ben 17 miliardi sul Pil, tra costi diretti (forze dell’ordine, processi, servizi sociali e sanitari) e indiretti (mancata produttività, esclusione sociale).
E se della tutela delle vittime e del castigo dei carnefici si discute e si tenta di fare qualcosa, come dimostrano ad esempio l’attività dei numerosi centri antiviolenza sul territorio o il recente disegno di legge Codice Rosso, c’è silenzio, invece, su un aspetto fondamentale della questione: come agire direttamente alla causa, ovvero come “rieducare” gli uomini violenti?
Parlare con loro e lasciarli parlare liberamente è stata proprio l’idea nel 2009 del Centro di ascolto uomini maltrattanti (Cam) di Firenze, la prima realtà nazionale a lavorare direttamente su uomini vio- lenti, alla quale si accede su consiglio di avvocati e assistenti sociali, ma soprattutto su base volontaria: basta compilare un breve questionario sui comportamenti abituali: “Hai mai insultato e/o criticato la tua partner?”, “l’hai fatta sentire stupida dopo che aveva espresso un parere?”, o “fatto pressione per avere rapporti sessuali quando lei non voleva?”. (…)
ph. Il professor Massimo Bergamasco, responsabile del dipartimento di robotica percettiva dell’Università Sant’Anna di Pisa, ritratto nella camera della realtà virtuale.
Il servizio completo è pubblicato su Reportage n. 40 acquistabile qui in cartaceo e in versione digitale