Vienna è nello stesso tempo molte cose, anche contraddittorie: città musicale, capitale artistica, emporio per l’Oriente, vetrina dello stile di vita occidentale, passerella internazionale, città di pensionati, di pensatori e architetti, di immigrati, di università, laboratori, accademie, teatri, cabaret, parchi e ovviamente di eleganti e preziosi caffè. Parlare della frequentazione da parte degli intellettuali austriaci (e non solo) dei caffè delle loro città coincide quasi con la narrazione della letteratura austriaca scrutata da un peculiare punto di vista, o più esattamente corrisponde al racconto di questa fascinosa trama culturale narrata da un’angolatura storico-rituale. Il rapporto con i caffè da parte della cultura e del popolo austriaci rappresenta fin dalle origini una struttura portante della civiltà intellettuale, artistica e letteraria mitteleuropea. Si tratta di un confronto costante, dialettico. Da questo punto di vista, Vienna presenta un’atmosfera particolare: i tanti caffè allineati lungo le strade del Ring, dove è possibile sedere tutto il giorno sorseggiando una sola tazza di caffè o un solo bicchiere di vino, leggendo giornali e riviste di tutto il mondo, erano e sono tuttora una parte essenziale della forma di vita viennese. Di una viennesità autentica però, proprio perché aperta all’altro, proprio perché “porosa”. Il caffè viennese è da sempre una casa che accoglie e ospita tutti, con o senza documenti in regola. E questo a partire dalle sue origini.
Associamo, in generale, l’eleganza delle sue strutture, dei lampadari, a un’élite culturale e sociale. E invece l’istituzione dei caffè vantava e vanta anche un altro volto, meno noto. Per tutto il secolo diciannovesimo Vienna ha sofferto di una grave carenza di alloggi, spesso le dimore erano fatiscenti, prive di quel minimo di modernizzazione che avrebbe permesso di riscaldarle a sufficienza. Di qui la necessità di fuggire da queste residenze sporche e fredde e di cercare asilo nei caffè, che con il loro calore (anche umano) e la loro allegria, ma anche con quell’elemento di distrazione che spesso è di stimolo per la riflessione, rappresentavano e rappresentano idealmente un “approdo sicuro”. Anche per questa ragione il caffè era, ed è, considerato un “depuratore” dei pensieri, un pungolo di realtà, e quindi per molti intellettuali un alleato della scrittura. (…)
ph. Una foto d’epoca dello storico Café Griensteidl (1896). Dopo esser diventato un semplice caffè turistico diventerà entro breve la sede di un supermercato della catena Billa (foto Wien Museum/ Imagno/Getty Images).
L’articolo completo è pubblicato su Reportage n. 40 acquistabile qui in cartaceo e in versione digitale