Negombo, nello Sri Lanka orientale, a una trentina di kilometri direzione nord dalla capitale Colombo, è stata al centro delle cronache di tuti i giornali del mondo per gli attentati alle chiese cristiane che, nel giorno di Pasqua, hanno fatto quasi trecento vittime. Eppure, prima di quel fatidico 21 Aprile 2019, la tranquillità di questa regione era scalfita soltanto dal rumore dei macchinari delle numerose aziende manifatturiere, specializzate in primis nella produzione di capi d’abbigliamento e sedi della produzione di marchi occidentali molto noti nel mondo: l’industria dell’abbigliamento in Sri Lanka è un motore economico enorme e dà lavoro direttamente a circa 300mila persone. Con un dato di non poco conto: il settore tessile ha reso le donne singalesi indipendenti dal punto di vista economico, anche se non del tutto autonome. La maggior parte delle operaie vive in una zona poverissima della periferia della città, in quartieri ghetto i cui alloggi sono piccoli monolocali privi anche dei servizi igienici.
Dhammi, 30 anni, e Priyangani, 35, sono due sorelle che condividono uno degli appartamenti nel ghetto. Lavorano nella stessa industria tessile. Dhammi è single, Priyangani invece è sposata e ha un bambino. Suo marito e suo figlio vivono nel villaggio, a cento chilometri di distanza: va a trovarli una volta a mese. “È dura, molto dura – ammette – questa distanza mi logora, ma non c’è alternativa: con questo lavoro guadagno bene, e do una grossa mano alla mia famiglia”. Anche Dhammi è appagata sul piano economico, ammette però che aveva altri piani nella vita: “Mi sarebbe piaciuto diventare infermiera, è sempre stato il mio sogno. Ho smesso di studiare a 17 anni, fare l’ operaia è stato il mio primo e unico lavoro”. (…)
ph. Dibika e sua figlia: vivono nella casa dei suoceri, in attesa di costruire la loro in un terreno adiacente.
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