Siamo in Armenia, la meno estesa delle quindici ex repubbliche socialiste sovietiche. A circa trenta chilometri dalla capitale Yerevan, e a venti dal confine turco, si trova l’obsoleta centrale nucleare di Metsamor. Sotto il regime comunista l’Armenia ebbe un forte impulso industriale, soprattutto nella trasformazione di materie prime e prodotti semilavorati, aumentando così esponenzialmente il suo fabbisogno di energia.
Nel 1969, infatti, iniziò la costruzione della centrale nucleare di Oktemberyan. L’impianto, situato nell’omonima città, è da molti anni motivo di preoccupazione per la comunità internazionale: è stato costruito senza struttura di contenimento in una zona altamente sismica.
Venne chiuso nel 1989 dopo un devastante terremoto che causò 25mila vittime. L’epicentro era collocato a Spitak, a soli settantacinque chilometri di distanza.
Nel 2011, National geographic suggerì perfino potesse trattarsi della centrale nucleare più pericolosa al mondo. Secondo un articolo del Washington Post del 1995, l’impianto fu riaperto in quanto l’Armenia aveva un disperato bisogno di energia dopo che il confinante Azerbaigian ne impose il blocco: “Circa un terzo dei 3,6 milioni di armeni se ne sono andati, per mesi o più, perché gli inverni risultavano essere insopportabili e le fabbriche inutilizzate”. Nonostante i rischi la centrale è ancora aperta. In realtà sembrano esserci poche alternative, considerando che la centrale produce una parte significativa dell’energia del Paese. Nel 2016, secondo la stima del World nuclear association, si aggirerebbe sul 31% dell’elettricità totale.
Ho visitato la Valle dell’Ararat in occasione del centenario della rivoluzione russa, per documentarne la quotidianità. Ho trovato 10mila persone (mille delle quali lavorano ancora nella centrale), che vivono in una città di vecchi edifici sovietici come sospesi tra i dubbi e le paure, la povertà e la sopravvivenza, la vita e la morte. (Stefano Morelli)
Il fotoreportage completo è pubblicato su Reportage n°38, acquistabile qui in cartaceo e in versione digitale
ph. Ararat Valley, Armenia. Una veduta della centrale nucleare durante l’inverno, un rischio per la regione