Un autore un libro. Intervista a Lorenzo Tondo
di Maria Camilla Brunetti

Il Generale, che hai pubblicato con La Nave di Teseo, nasce da un’inchiesta sul traffico di esseri umani nel Mediterraneo che stai seguendo da anni per il Guardian. Chi è il Generale?

Si fa chiamare così Medhanie Yehdego Mered, un eritreo di 36 anni che dal 2013 ad oggi ha “trafficato” dal Sudan al Nord Europa migliaia di suoi connazionali. Nella comunità eritrea, Mered, considerato uno dei principali “colonnelli” del traffico di esseri umani in Africa, è percepito come una vera e propria celebrità. Agli occhi di una parte dei migranti, il Generale è uno di quegli eroi maledetti, un uomo d’azione che, se da un lato si era macchiato di crimini indicibili, dall’altro aveva il merito di aver trasferito in Europa migliaia di persone che scappavano dalle guerre. È un criminale, che si è arricchito sulla pelle di disperati che vedevano in lui l’unica speranza per raggiungere l’Europa.

Il 3 ottobre 2013, a un chilometro dalle coste di Lampedusa, affonda una barca causando la morte accertata di 368 persone di nazionalità eritrea. La procura di Palermo apre un’inchiesta mettendo in campo enormi risorse e contatti internazionali. Perché il 24 maggio 2016 a Khartoum viene arrestato un innocente, il giovane Medhanie Tesfamariam Berhe, un pastore di Asmara? E perché questa persona si trova ancora in carcere a Palermo?

Volevano arrestare il Generale, nella rete finisce un pastore eritreo che con il trafficante condivide lo stesso nome di battesimo. Qualcuno sostiene che le incredibili coincidenze e gli assurdi imprevisti che portarono alla cattura di Behre fossero impossibili da prevedere. Come se il ragazzo in carcere fosse l’inesorabile vittima del suo stesso, imponderabile destino. La verità è che Behre non è solo la vittima di un errore giudiziario. La sua cattura non è solo il prodotto di una serie sconclusionata di calcoli e intuizioni. Behre è il simbolo di un colossale fallimento. (…)