Quando si apre il portellone dell’aereo un caldo afoso, umido, misto a smog penetra immediatamente nelle mie ossa. È l’alba, il sole sorge e il caldo diventa a mano a mano sempre più asfissiante. Sono a Bangkok, la capitale della Thailandia; è capodanno nella città per antonomasia più trasgressiva e attrattiva del sud est asiatico. È da qui che decido d’intraprendere il mio viaggio, spinto da una incessante voglia di vivere in stile “on the road”, di andare, attraverso i luoghi, per esigenza interiore, per una curiosità costante di capire me stesso e gli altri.
Voglio vedere la terra dei sorrisi, molto spesso etichettata soltanto come paese della prostituzione, delle acque cristalline e delle spiagge di un bianco puro incantevole, curioso di andare oltre l’apparenza. Zaino in spalla e con la mia macchina fotografica, dopo una breve permanenza nella capitale, vivace espressione di una nazione in continua crescita, decido di seguire le emozioni del momento, dapprima verso sud e poi verso nord.
Bangkok, in thailandese Krung Thep, è una metropoli con una popolazione di circa otto milioni di abitanti, conosciuta per gli sfarzosi templi buddisti e per la quantità mostruosa di macchine riversate
in strada. Migliaia di tuk tuk (mezzo di trasporto a tre ruote tipico thailandese) scorrazzano per le strade affollate a tutta velocità, dove il tasso di smog è elevatissimo. Lo si può osservare a occhio nudo, ristagnante ai piedi dei grattacieli, mostri di cemento che hanno sostituito vecchie abitazioni (qui non c’è un recupero degli edifici storici, si preferisce buttarli giù e ricostruire). Forse non c’è mezzo migliore di un treno, per viaggiare, per conoscere a fondo il modo di vivere di una popolazione, specialmente se si tratta di un’esperienza solitaria e si viaggia in terza classe. (…)
Il servizio completo è pubblicato su Reportage n°37, acquistabile qui in cartaceo e in versione digitale
ph. il traffico notturno nel centro a Bangkok