Il cielo è terso e il sole è già alto. Il mercato di Chisinau, capitale della Moldavia, è pieno di gente.
Vecchie bilance pesano la merce su piattini ossidati, il furgone del latte è parcheggiato all’angolo della strada e il venditore riempie le bottiglie per darle ai clienti, pani e tranci di pasta sfoglia sono già pronti in vetrina per essere acquistati.
Alla fermata Buiucani del quartiere in cui vivo prendo il filobus numero 22 che attraversa la città. Pagato un leu alla bigliettaia, mi siedo sul sedile rivestito da un tessuto marrone scuro. Guardo il paesaggio
dal finestrino: contadine con fazzoletti a fiori sedute sui marciapiedi vendono ciliegie e i pochi ortaggi raccolti in campagna, passanti frettolosi si dirigono da qualche parte e ragazzini con gli zaini in spalla vanno a scuola.
Accanto a me, voci diverse. Tendo l’orecchio per cercare di capire il suono della lingua: se è moldavo ne colgo qualche parola, nulla se è russo. L’altoparlante annuncia le stazioni: il Palazzo del Parlamento, l’U- niversità di Medicina, il Teatro dell’Opera, la Grande Piazza dedicata a Stefan cel Mare (Stefano il Grande), il voivoda che ha governato qui per quasi 50 anni, dalla seconda metà del 1400.
Scendo dal filobus e cammino fino al Museo Storico dove aspetto un maršrutka, il maxi-taxi economico dal quale si sale e si scende al volo. Dopo 40 minuti passati nel traffico arrivo alla fermata Botanica. Sgomito tra i passeggeri con la paura di non riuscire a scendere in tempo. (…)
Il servizio completo è pubblicato su Reportage n°36, acquistabile qui in cartaceo e in versione digitale.