Gli italiani spendono sempre meno, ma non tagliano le spese per i media e i prodotti tecnologici, anche se prediligono l’intrattenimento a svantaggio dell’informazione. Se i consumi complessivi hanno subito un calo del 2,7 per cento negli ultimi dieci anni, la spesa per l’acquisto di smartphone è salita del 221,6 per cento e quella per i computer del 54,7 per cento. L’ultimo rapporto del Censis sulla comunicazione dice che uno degli aspetti più interessanti dell’anno in corso è l’incremento di utenti dei servizi video digitali: nel 2018 gli spettatori dei programmi di Netflix, Infinity, Now Tv, Tim Vision e altre piattaforme di tv on demand sono passate dall’11,1 per cento del 2017 al 17,9 per cento, fino a toccare il 29,1 per cento se si considerano gli utenti con meno di trent’anni. In compenso la tv digitale terrestre e quella satellitare hanno registrato una leggera flessione nel numero di spettatori, il 2,3 per cento in meno di utenti a favore della tv via internet e della mobile tv. Continua a crescere anche l’utenza di Internet, che passa dal 75,2 per cento del 2017 al 78,4 per cento del 2018 (nel 2007 era solo del 33,1 per cento). Chi oggi usa uno smartphone rappresenta il 73,8 per cento della popolazione, contro il 15 per cento di dieci anni fa.
Gli utenti dei social network passano dal 67,3 per cento del 2017 al 72,5 per cento del 2018, con WhatsApp a guidare la classifica dei più gettonati (il 67,5 per cento degli italiani, l’81,6 per cento dei giovani con meno di trent’anni), seguito da Facebook (56 per cento), You Tube (51,8 per cento), Instagram (26,7 per cento) e Twitter (12,3 per cento). Si usano sempre meno a scopo informativo, anche se Facebook resta il primo strumento d’accesso alle notizie per gli italiani insieme ai telegiornali. Cala l’interesse per i motori di ricerca e i quotidiani on line, fatta eccezione per i portali web che acquistano il tre per cento in più di utenti e che oggi sono consultati dal 46,1 per cento degli italiani. Fra i giovani Facebook perde il 15,5 per cento degli utilizzatori a scopo informativo, YouTube il 3,1 per cento, Twitter il 6,7 per cento e i quotidiani on line il tre per cento.
I prodotti della carta stampata vivono una flessione costante: se nel 2007 i quotidiani erano letti dal 67 per cento degli italiani, oggi sono di riferimento solo per il 37,4 per cento, anche se quest’anno c’è stata una leggera crescita dell’utenza dell’1,6 per cento. I giornali on line non hanno compensato il crollo, visto che nell’ultimo decennio hanno incrementato solo del cinque per cento i propri lettori. Più stabili invece i periodici, settimanali e mensili, che hanno registrato un calo fra lo 0,2 e lo 0,3 per cento. Anche il consumo di libri continua a diminuire: nel 2007 il 59,4 per cento degli italiani dichiarava di averne letto almeno uno nei 365 giorni precedenti, mentre quest’anno la percentuale è scesa al 42 per cento. Ma il problema non è la carta, perché nemmeno gli e-book piacciono, e solo l’8,5 per cento degli italiani li sceglie come alternativa.
L’unico dato controcorrente riguarda la radio, che ha saputo mantenere uno spazio di autonomia e di gradimento fra il pubblico all’interno di un sistema mediatico sempre più soggetto a processi di ibridazione. I radioascoltatori sono oggi il 79,3 per cento degli italiani, ma se la radio tradizionale perde quasi tre punti percentuali di utenza (oggi è al 56,2 per cento), la flessione è compensata dalle nuove forme di ascolto radiofonico via internet tramite computer (il 17 per cento degli ascoltatori) e smartphone (il 20,7 per cento).
Il divario generazionale nell’uso delle tecnologie e dunque anche nei consumi mediatici resta stabile: fra i minori di 30 anni la quota di utenti internet supera il 90 per cento, mentre resta ferma al 42,5 per cento fra gli ultra 65enni. L’86 per cento dei giovani usa lo smartphone e il 70 per cento di loro è iscritto almeno a un social network, contro il 35 per cento degli adulti che possiede un telefono con funzioni avanzate e il 20 per cento che si dota di un profilo Facebook o altro.