Nell’aria pungente dell’alta quota regna un atavico silenzio. Qui trova la sua tregua Beppino: “Dal bla-bla universale, il chiacchiericcio vuoto intorno alla mia ragazza. Ma quando sei sicuro di te, non vacilli mai”. Sul corpo della figlia Eluana si è combattuta una battaglia lunga 6.233 giorni, diciassette anni di aule di tribunali e riflettori mediatici.
Nei primi anni del Duemila il dramma di una famiglia è diventato argomento di discussione nazionale, il tema su cui ognuno al bar, davanti al telegiornale, in Parlamento ha sentito il dovere di esprimere la propria opinione. Fino ad arrivare all’ingiuria e al grottesco, ai cori “assassino” e a bottigliette d’acqua scagliate contro l’ambulanza che trasportava Eluana verso l’ultima clinica.
Occhi esausti e cuore saldo, i suoi, da buon figlio dell’aspra Carnia, tra Austria e Italia, terra da domare, che dalla notte dei tempi insegna la tenacia ai suoi abitanti.
“Le mie idee di libertà – dice – le ho nel Dna. È stata una battaglia, ma non l’ho fatta io: sono loro ad averla fatta a me”. (…)
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