Dawla. La storia dello Stato islamico raccontata dai suoi disertori
Intervista a Gabriele Del Grande
di Maria Camilla Brunetti
Come hai organizzato il lavoro di raccolta dei materiali per Dawla? Come hai scelto i fili narrativi, i testimoni, attraverso cui cercare di raccontare la storia dello Stato islamico?
Sono partito nel settembre 2016 per sei mesi di viaggi tra la Turchia, il Kurdistan iracheno e l’Europa, cercando le voci della società civile di Raqqa, di ex prigionieri politici, ex agenti dei servizi segreti siriani, ingegneri del petrolio, ragazze ezide sfuggite alla schiavitù e, soprattutto, una serie di ex affiliati dello Stato islamico. Da quei viaggi sono tornato con duecento ore di interviste in arabo a una settantina di testimoni chiave. Quindi, come nel montaggio di un film documentario, ho iniziato a tagliare e ho scelto i personaggi su cui incardinare la narrazione. Il materiale scartato è servito comunque, sia per ricostruire alcune scene che per verificare l’attendibilità delle mie fonti.
Malik, che diventerà Abu Mujahid, rappresenta la parabola del giovane opponente del regime di Assad che durante il conflitto si radicalizza. Come succede che un giovane laico, con aspirazioni democratiche e libertarie, finisca per vedere nello Stato islamico un’alternativa valida?
Migliaia di giovani siriani che avevano scelto la lotta armata per rovesciare il regime di Bashar al-Asad dopo aver assistito alle inaudite violenze dei suoi apparati di repressione, hanno trovato nello Stato islamico una delle milizie più forti sul terreno nonché l’unica in grado di offrire loro un’ideologia di lotta, il salafismo jihadista, che ha fatto presa nei cuori di migliaia di giovani accecati dalla violenza subita e in cerca di giustizia. (…)
L’intervista completa è pubblicata all’interno della rubrica “Un autore un libro” su Reportage n°35, acquistabile qui in cartaceo e in versione digitale