L’Italia investe nella sanità pubblica meno della media europea: il 9,1 per cento del Pil, dato 2015, secondo il rapporto Ocse Healt a Glance che ha messo a confronto i numeri della salute nei 35 paesi che fanno parte dell’organizzazione. Germania, Svezia e Francia, per restare in Europa, hanno speso l’11 per cento del loro Pil. Per quanto riguarda il personale medico, lo studio Ocse rivela che il numero dei medici varia sensibilmente da un Paese all’altro. Nel 2015 la Grecia ha registrato il numero più alto con 6,3 medici ogni mille abitanti, anche se il dato è sovrastimato perché include anche i laureati in medicina che non hanno mai esercitato. L’Austria si è fermata a 5,1, l’Italia a 3,8, restando comunque leggermente al di sopra della media Ocse che è di 3,4. I dati più negativi al mondo riguardano Turchia, Cile, Corea del Sudcon due medici ogni mille abitanti, Indonesia, India e Sudafrica con meno di uno.
Dal 2000 al 2015, tuttavia, c’è stato un aumento dei medici nel mondo, sia in termini assoluti che in relazione al numero di abitanti, in alcuni casi grazie a nuove politiche relative all’accesso ai corsi di laurea e di specializzazione, o alle riforme del sistema pensionistico e all’agevolazione del turn over. L’indice di crescita è stato particolarmente elevato in Cina (+44 per cento in 15 anni), ma anche in Messico e Regno Unito. Il dato pro capite è rimasto stabile in Francia, Israele, Polonia e Slovacchia; mentre nei paesi che hanno subito la recessione, come la Grecia, c’è stata una frenata: i medici sono aumentati fra il 2000 e il 2008, poi non sono più cresciuti fino al 2012, quando c’è stata una leggera risalita.
Il dato italiano, pur non essendo fra i peggiori al mondo, non è incoraggiante. Se il numero dei medici si attesta poco al di sopra della media Ocse, quello del personale infermieristico scende ben al di sotto, con 5,4 unità ogni mille abitanti contro i 9,0 della media Osce, che si mantiene alta grazie ai numeri di Paesi come la Svizzera, con 18 infermieri ogni mille abitanti e la Germania con 13,3. E poi i medici in Italia hanno un’età media fra le più alte al mondo: circa la metà supera i 55 anni, come accade anche in Francia, Spagna e Austria, contro paesi come Regno Unito o Corea dove la percentuale degli over 55 scende rispettivamente sotto il 13 e il 17 per cento.
Alcuni paesi hanno innalzato l’età pensionabile per adeguarla alla crescita dell’aspettativa di vita, e questo porta sempre più professionisti ad esercitare oltre i 65 anni, con un impatto significativo per l’ingresso nel mondo del lavoro dei giovani laureati.
In Italia i neolaureati si scontrano anche con il problema del cosiddetto imbuto formativo per il fatto che i posti destinati alla formazione post lauream sono circa la metà rispetto al numero degli aspiranti specializzandi. Secondo i dati di Anaao, l’Associazione medici e dirigenti del sistema sanitario nazionale, dal 2010 al 2016 la spesa per il personale dipendente nella sanità pubblica italiana si è ridotta di 2,3 miliardi di euro, il personale impiegato è diminuito, dal 2009 al 2017, di oltre 50 mila addetti, dei quali 9 mila dirigenti medici e sanitari. Nel prossimo decennio si calcola che la sanità pubblica perderà circa 750 medici specialisti ogni anno, circa due al giorno, tra pensionamenti, blocco del turn over, imbuto formativo e vincoli di bilancio. Solo tra gli anestesisti rianimatori ospedalieri ci sarebbe una carenza di almeno 4 mila medici con un’innumerevoli interventi a rischio. Per questo i medici che hanno scioperato il 12 dicembre scorso hanno già convocato un nuovo fermo di 48 ore per l’8 e il 9 febbraio 2018.
Restando ai dati europei il confronto dell’Italia con gli altri paesi è allarmante anche sul fronte delle retribuzioni: secondo Anaao, i medici ospedalieri guadagnano da 50 a 65mila euro lordi all’anno a seconda dell’anzianità e del ruolo. In Inghilterra dalle 75 alle 101mila sterline, in Germania si va dai 4 mila euro al mese per uno specializzando del primo anno al 200mila euro l’anno circa per uno specialista.
Secondo l’Ocse, l’Italia rientra nei Paesi che più hanno risentito della crisi economica del 2008 anche sulla remunerazione del personale sanitario, insieme a Estonia, Irlanda e Slovenia. All’interno delle strutture ospedaliere, oltre ad essere sotto la media Osce di 4 posti letto ogni mille abitanti (in Italia sono 3), scontiamo pure un divario fra Nord e Sud: 9,1 posti ogni mille abitanti al Nord, 5,4 al Centro e 3,9 nel Mezzogiorno, con gli opposti casi limite della provincia autonoma di Trento con 12,9 posti letto e della Campania con 1,9 posti letto.