Quando un paese della piccola Islanda conquistò il mondo con gli scacchi – di Graziano Graziani

L’Islanda è un paese dove l’immaginario e la realtà rischiano di collassare l’una dentro l’altra. Chi si spinge quassù è in cerca di una natura arcaica oppure, spesso, insegue delle storie. A Selfoss, una cittadina anonima che dista una cinquantina di chilometri da Reykjavík, c’è poco da vedere, ma molto da scoprire. L’“Atlante leggendario delle strade d’Islanda” – una guida letteraria molto suggestiva, che offre un percorso alternativo del paese a caccia di mostri, stregoni e folletti – racconta che qui nacque Jóra, una contadina che si trasformò in una crudele trollessa, e che la sua uccisione fu l’espediente con cui gli islandesi individuarono il luogo dove far sorgere quello che è considerato uno dei primi parlamenti d’Europa tutt’ora in attività, l’Althing. Alla periferia di questo borgo di seimila anime – non poche, considerando la densità abitativa dell’Islanda – c’è un insediamento chiamato Laugardælir, dove sorge una piccola chiesa luterana interamente bianca e dove qualche sparuto viaggiatore appassionato di scacchi compie il suo speciale pellegrinaggio.

Il giardino della chiesa ospita delle tombe, sotto la prima lapide sulla sinistra giacciono i resti mortali di Robert James Fischer, nato il 9 marzo 1943 e morto il 17 gennaio 2008. Bobby Fischer, com’è meglio conosciuto dal grande pubblico, è stato uno dei più grandi campioni di scacchi di tutti i tempi e certamente il più atipico. Il suo destino è legato a doppio filo a questa piccola nazione a partire dal 1972, quando l’americano vinse il campionato del mondo contro il sovietico Boris Spassky in quello che è stato definito “il match del secolo”, fino ai suoi ultimi anni di vita.

L’Islanda lo ha ripagato trasformando la sua storia in una sorta di mitologia nazionale che, sia pure in modo discreto, com’è nell’indole degli islandesi e ancor più della nicchia degli amanti degli scacchi, viene puntualmente raccontata.

È opinione diffusa che sia stata proprio la sfida Spassky-Fischer del ’72 a dare rilevanza internazionale a un piccolo Paese come l’Islanda e a renderlo famoso:

to put it on the map, come si dice con un’efficace espressione inglese. Il risultato è che oggi uno dei fantasmi di cui si può andare a caccia tra i ghiacci è proprio quello di uno dei più grandi scacchisti di tutti i tempi. A Selfoss, dal 2013, è stato fondato il Bobby Fischer Chess Center, un centro che intende preservare la memoria del “match” e diffondere il gioco degli scacchi. (…)

 

 

 

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