Il ritorno di Pelosi al Biondo Tevere – di Riccardo De Gennaro

Come nei peggiori gialli l’assassino torna sul luogo del delitto, Pino Pelosi ricompare al ristorante Biondo Tevere, dove – la sera del 2 novembre del 1975 – cenò con Pier Paolo Pasolini poco prima del massacro all’idroscalo di Ostia. È qui che l’abbiamo trovato, ieri, venerdì 3 giugno, mentre nella sala grande del locale un candidato della destra al consiglio comunale di Roma, Andrea De Priamo, chiudeva con una tavolata la sua campagna elettorale al grido di “Viva i Fratelli d’Italia, viva Giorgia Meloni”. Pelosi è seduto nella sala piccola, al tavolo davanti al forno per le pizze, pressappoco dove si sedette con Pasolini qualche ora prima dell’omicidio. Con lui ci sono un simpatizzante di Fratelli d’Italia e il regista Federico Bruno, autore di un film sull’ultimo anno della vita di Pasolini, girato nel 2011, ma che in Italia non ha trovato distribuzione. “Pasolini, la verità nascosta”, il titolo. Ed è proprio così, la verità è ancora nascosta, perché – come ricorda la signora Giuseppina, proprietaria del Biondo Tevere – Pelosi non l’ha mai raccontata. Quando fu arrestato disse che non poteva perché aveva paura e che avrebbe parlato dopo la morte dei suoi genitori, ma i genitori sono morti da tempo e lui non ha aperto bocca, senza dire chi quella notte era con lui.

Il nipote di Giuseppina assicura che per fare parlare Pelosi bisogna farlo bere: “E in questo caso direbbe che era stato messo in mezzo, che il suo incarico era soltanto quello di portare Pasolini all’Idroscalo, sapendo che gli avrebbero teso un agguato. Non poteva tirarsi indietro perché altrimenti avrebbero fatto fuori lui”. Omicidio premeditato, dunque. Da parte di due o tre balordi, ma senza conoscere i mandanti. Questa la verità, pare.

Ma Pelosi non parla nemmeno stasera. Indossa una maglietta a maniche corte color prugna, che si gonfia a causa di una pancia alla Maradona. Non è in imbarazzo, al contrario. Ride, scherza con tutti, fuma. La fotografa Valentina Piccinni gli si avvicina e gli ricorda di averlo già incontrato anni fa a Casa Pound. Lui è convinto che sia un’attivista per cui risponde senza problemi alle domande: “Io vengo sempre qui – dice – ci sono sempre tornato da quando sono uscito di prigione”. Giuseppina fa una smorfia: non lo sopporta, non vorrebbe vederlo, lo considera colpevole dell’omicidio dell’amico Pasolini, che al Biondo Tevere ci veniva con Moravia, con Elsa Morante, perché adorava stare in mezzo ai clienti della trattoria: “Mi sento a disagio quando vedo Pelosi – dice – eppure continua a venire qui”.

Secondo Pelosi, che un paio d’anni fa ha rilevato un vecchio bar a piazza Testaccio, Zì Elena, i recenti film su Pasolini sono orribili: “Abel Ferrara voleva che gli dicessi tutto, ma io gli ho chiesto: me li dai li sordi? Non ha voluto e allora non gli ho detto niente. Il suo film è uno schifo. Quello con Massimo Ranieri un po’ meglio, ma che immagine hanno dato di Pasolini? Che era solo, mentre invece era sempre circondato da un sacco di persone”. Si guarda intorno, vede quelli di Fratelli d’Italia: “Ma è venuta ‘a Meloni”, chiede. Quando gli dicono di no, esclama: “Ecco, volevo parlarci, ma nun fa niente”.

Federico, il suo amico regista, conferma che la notte della morte di Pasolini, Pelosi non era solo. È arrabbiato per la mancata distribuzione del suo film in Italia, che invece è andato bene in Francia e in Spagna. Ancora un film: Pasolini torna, continua a tornare, la sua importanza è sempre più grande. “Ma – dice Federico Bruno – Pelosi nemmeno sapeva chi fosse. Non ha mai letto niente di suo e non ha mai visto un film, nemmeno quando era in prigione”. Così come non ha mai votato: “Soltanto due volte, quando ero in carcere – dice mentre dalla sala grande arrivano le grida dei sostenitori della Meloni – per Pannella e per la Bonino, perché si occupavano dei problemi di noi carcerati. Per il resto non ho mai votato, a me non interessa niente, né la destra, né la sinistra”. Non voterà nemmeno domani. E continuerà a non dire la verità.

 

 

photo credit home page: Valentina Piccinni

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