Mona è seduta sul letto, il braccio sinistro bloccato in mezzo alle gambe per far gonfiare le vene, una siringa nella mano destra. Ha poco più di vent’anni e alle spalle una vita vissuta in strada, senza certezze, senza affetti. Fa parte della generazione dei figli della caduta di Ceausescu, come Romeo, Nico, Gheorghe e le altre quaranta o cinquanta persone, per lo più sotto i trent’anni, che popolano un caseggiato abusivo alle spalle di un tetro ospedale che guarda la stazione principale di Bucarest, la Gara de Nord. Qui si raduna quella che da molti viene chiamata la “comunità di Gara de Nord”, disperati senza un futuro, che si sono costruiti da soli un tetto sotto il quale dormire d’estate. Sì perché con l’arrivo del freddo, scendono invisibili sotto terra, nelle fogne, calandosi attraverso i tombini, per scaldarsi contro i tubi sotterranei della capitale romena. Altrimenti si aggirano come zombi per le strade e i parchi, mendicando nei parcheggi e racimolando il necessario per acquistare una dose e poi affrettarsi verso le loro abitazioni improvvisate. (…)
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