Un viaggio che dal 2011, anno delle così dette Primavere arabe, arriva fino alle ultime settimane lungo la rotta balcanica per documentare l’esodo di centinaia di migliaia di rifugiati provenienti da Siria, Iraq e Afghanistan in cammino verso le capitali del Nord Europa. Un lavoro con il quale Fabio Bucciarelli, fotoreporter vincitore della prestigiosa Golden Capa Gold Medal per il suo lavoro Battle To Death sulla Guerra civile siriana, ha raccontato gli eventi politici che dal Nord Africa e dal Medio Oriente hanno sconvolto gli assetti internazionali. Un lavoro sull’aftermath di questi conflitti, la tragedia irrisolta che ha forzato e continua a spingere centinaia di migliaia di civili ad abbandonare i propri luoghi spinti dal sogno di un nuovo inizio in paesi più sicuri. Il sogno dell’Europa. Un corpo esteso di immagini che diventerà presto una pubblicazione.
Fabio, qual è l’idea di The Dream?
Il tema del libro è il sogno, un viaggio emozionale attraverso la condizione dell’essere umano che ha perso punti di riferimento. Le sue speranze e i suoi sogni. Il racconto dei profughi e migranti in fuga dalle guerre e rivoluzioni conosciute come Primavere Arabe. È un progetto che porto avanti dal 2011, ci saranno foto scattate in diversi posti; dalla Siria alla Libia, dal Kurdistan alla Tunisia, dall’Italia alla Grecia, Iraq, Macedonia…
Quindi ci saranno fotografie dal 2011, fino all’ultimo lavoro che hai fatto nei Balcani?
Sì, dal 2011 fino a oggi. Negli ultimi anni ho documentato i conflitti e le sue conseguenze. The Dream è un progetto che seguo da tanti anni. Per narrare questa storia, oltre alla macchine reflex, ho scelto di usare, anche un’attrezzatura diversa, come un foro stenopeico fabbricato a mano. Le immagini quindi sono più evocative, oniriche, in modo da rendere l’atmosfera e l’idea del sogno. Il sogno del profugo. Il momento del sogno, quello del risveglio, il momento in cui si trova davanti alla realtà. Il libro è strutturato e pensato in modo tale da trasmettere i sentimenti del migrante. Dal dolore della perdita alla gioia dell’arrivo.
I ritratti dei profughi dormienti rappresentano l’ultima parte del lavoro in senso cronologico, giusto? I ritratti sono quelli che hai scattato qualche settimana fa in Macedonia, seguendo l’esodo dei rifugiati dalla Turchia?
Sì, esatto. I ritratti dei ragazzi dormienti sono stati fatti in Macedonia e alcuni al confine serbo-macedone. All’interno dei treni e degli autobus in cui venivano trasportati i profughi.
Lo stile dei ritratti dei profughi dormienti è molto diverso da quello che usi abitualmente.
Le mie fotografie solitamente hanno un taglio diverso, più diretto. The dream è un lavoro diverso. Ho cercato di rendere un’atmosfera, di porre delle domande a questo grande esodo, più che di fornire delle risposte. Il linguaggio fotografico è più autoriale, più evocativo, a volte mosso, sfocato. La pinhole – Pinolina – fa proprio questo tipo di fotografia, sfocata, così come sfuocato è il concetto del profugo. Qualcosa che la Comunità Europea non sa come gestire.
Da dove nasce l’esigenza di rendere visibile la dimensione più personale dell’esperienza dell’esodo?
Le motivazioni sono molteplici. In primo luogo, avendo già documentato molto la questione dal 2011 a oggi, avevo bisogno di trovare un approccio diverso e un nuovo linguaggio per potere continuare a raccontare questa storia. Le immagini che ho ottenuto creano un’atmosfera, un sentimento straniante, che mi sembrava indicato per rendere l’esperienza dell’esodo. Immagini che ti lasciano senza risposte che ma che credo possano avere la forza di creare domande. Le chiamo immagini impressioniste, nelle quali non vedi i contorni, non vedi le linee nette.
Credo che un approccio intimo alla storia dell’esodo possa essere più efficace di altri racconti visivi.
C’è da considerare che siamo invasi da immagini che documentano le tratte dei profughi. Volevo cercare di rendere più vicine, di umanizzare, le storie di queste persone. Per fare questo avevo bisogno anche di un tipo di fotografia diversa. Quando ho fatto questi ultimi ritratti in Macedonia, ero sul treno con i ragazzi e dopo diverse ore che fotografavo riguardavo il lavoro ed era come se vedessi sempre le stesse immagini, sempre le stesse fotografie. Poi guardando i ragazzi che dormivano, mi sono rivisto in loro. È in quel momento che ho pensato che avrei dovuto fotografare il loro sonno. Il loro sogno. Immagini che potessero rendere la loro umanità, il loro isolamento, la loro mancanza di punti di riferimento e allo stesso tempo immagini di speranza. Il concetto del libro è basato su questa visione. Ci saranno storie personali, ritratti. Immagini degli oggetti che le persone avevano in barca quando sono stati ritrovati i loro corpi, dopo i naufragi. Storie di diverso tipo per creare l’empatia con il nuovo popolo dei migranti.
Hai passato due mesi in Sicilia questa estate per documentare la situazione degli sbarchi per Unhcr. Puoi parlarmi brevemente del lavoro?
Il lavoro si è svolto su due livelli. Da una parte c’è stata la documentazione sugli arrivi quotidiani, gli sbarchi, i diversi campi di accoglienza, la breaking news. Dall’altra abbiamo lavorato di più sulla costruzione di una narrativa legata alle singole storie dei profughi. C’era un gruppo di lavoro formato da scrittori, giornalisti, video-maker e abbiamo lavorato con un approccio documentaristico più personale, su storie singole.
Come si svilupperà il progetto di The Dream?
L’idea del libro è nata in collaborazione con FotoEvidence. Sarà stampato in 1000 copie con una tiratura speciale di 100 in l’edizione limitata che verrà accompagnata da una stampa – edizione limitata – in fine art, un box e una diversa cover. È un progetto al quale lavoro dal 2011 e abbiamo pensato che questo potesse essere il momento storico giusto per raccontare, fin dall’inizio, le cause e gli sviluppi del più grande esodo dopo la Seconda Guerra Mondiale.
Qui tutte le informazioni per sostenere la campagna di crowdfunding per la realizzazione di The Dream in collaborazione con FotoEvidence
photo credit: Fabio Bucciarelli
– Una donna siriana riposa all’interno di un autobus che attraversa la Serbia, dal confine settentrionale macedone fino a Belgrado, la capitale.
– Rifugiati siriani e afgani arrivano sulla costa dell’isola greca di Lesvos dopo avere attraversato l’Egeo dalla Turchia.
– Rifugiati siriani attendono di attraversare un valico illegale tra Grecia e Macedonia, nei pressi di Idomeni.