Elisa ha gli occhi vispi e ama il calcio. Appena può raggiunge il campetto e corre dietro al pallone. Ma il motivo per cui la troviamo in questo tardo pomeriggio all’oratorio giovanile di San Vito di Squinzano, provincia di Lecce, è un altro. Elisa e la sua amica Benny gestiscono due campi di calcetto confiscati alla Sacra corona unita. “Quando il parroco mi ha chiamato – racconta mentre le voci squillanti dei ragazzini rimbalzano tra l’erba verde e i due locali che costituiscono l’oratorio – per chiedermi se volevo occuparmi di questi due campetti, offrendomi un piccolo rimborso spese mensile, sono rimasta indecisa per qualche giorno. Sa, io sono cresciuta qui e nella mia stessa compagnia, da ragazzi, c’era anche il figlio dell’ex proprietario di questo centro sportivo. Eravamo molto amici. Mi sono chiesta: che cosa penserà di me?”.
Il dubbio di Elisa poteva essere legittimo in un paese come Squinzano, segnalato da anni in tutti i rapporti dell’antimafia come una delle culle della Sacra corona unita. Vito Ancora, un tempo proprietario dei campi di calcio in questione, è stato a suo tempo arrestato e condannato a quattro anni per “concorso pieno in associazione mafiosa”. Oggi ha finito di scontare la sua pena, ma tutti i suoi beni, compreso questo centro sportivo, sono stati confiscati. Il sospetto è che tutto il suo patrimonio, che comprende anche un avviatissimo distributore di benzina, sia frutto della sua attività criminale. Contro questa decisione Ancora si è rivolto alla Cassazione, sperando nella restituzione dei suoi beni. (…)
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