Steve Mc Curry, fotografo statunitense, è a Roma con una mostra spettacolare. Si intitola Oltre lo sguardo è allestita a Cinecittà, nel Teatro1, dove Federico Fellini girò la maggior parte dei suoi film (dura fino al 20 settembre). L’allestimento è a cura di Peter Bottazzi, un labirinto oscuro di 500 metri quadri nel quale fluttuano 160 immagini a colori del fotografo noto, soprattutto, per quel Ritratto di ragazza afgana, pubblicato sulla copertina del National Geographic nel giugno 1985: due occhi verdi che non si dimenticano e che gli valsero molti premi.
Lui è un tipo minuto, energico. Ha trascorso la maggior parte della sua vita in viaggio, soprattutto nel sud est asiatico, in luoghi cosiddetti “difficili”, teatri di guerra. Attento più alle conseguenze dei conflitti sugli esseri umani che al racconto dei conflitti, Mc Curry, che entrò in Magnum photos nel 1986, ha focalizzato il suo lavoro anche sulla documentazione delle popolazioni antiche “per sapere – dice – da dove si proviene”. Gli abbiamo rivolto qualche domanda in occasione dell’inaugurazione della mostra.
Mc Curry, come sceglie i luoghi dove andare?
Semplicemente, scelgo i luoghi che hanno nel sentire comune un romanticismo particolare. Pensavo alla Birmania, al Tibet, e mi sono detto: voglio vedere esattamente come sono.
Uno dei suoi progetti si chiama “The last roll”, l’ultimo rullino fotografico, prima di passare al digitale. Ricorda qual è stato l’ultimo scatto su pellicola?
Sì, un cimitero nel Kansas.
Il definitivo saluto al caro estinto…
Ma per caso. Mi colpì il colore dei fiori, un assurdo rosso e giallo, ci ho pensato dopo che poteva essere geniale: scattare l’ultima fotografia del rullino fotografico in un cimitero.
Com’è cambiato il modo di raccontare il mondo con il digitale?
È la stessa cosa. Digitale o rullino è la stessa cosa. Le storie si raccontano sempre nella stessa maniera, se sai come raccontarle. Alla fine, tutto è stampato su carta e quella ti dà il senso di ciò che hai scattato.
Si fanno più scatti? ll costo della pellicola incide sul lavoro….
In realtà il digitale è molto più caro. Un’immagine che finisce in uno schermo ha lo stesso valore di un’altra stampata. È la stessa cosa, Basta avere rispetto, sapere di che cosa parli.
Una curiosità. Ha mai fotografato Napoli?
Ci sono stato una volta, su commissione. Volevo fotografare il cimitero delle Fontanelle, ma c’erano diritti troppo alti da sostenere. Era un progetto per il Macro, a Roma, che comprendeva fotografie in Italia. Mi sono aggirato per Spaccanapoli.
Immagine interna
Ragazza sull’uscio, Afghanistan, 2003/Steve Mc Curry
Immagine in evidenza
Giochi di ombre, Preah Khan, Angkor, Cambodia, 1999/Steve Mc Curry