“A voi che cosa interessa che mio figlio non c’è più? Perché ne devo parlare? Tanto quello che sta succedendo qua non importa a nessuno e nessuno mi ridarà mai indietro mio figlio”. La voce della madre di Gianluca Ciferri trema dalla rabbia, non sono nemmeno riuscita a chiederle un incontro. Suo figlio si è impiccato nel carcere di Ascoli, dove era detenuto da oltre un mese, la notte del 19 ottobre, un cappio di lenzuola intrecciate appeso alle grate della finestra del bagno della sua cella. Le ha lasciato solo un biglietto di scuse in una busta sigillata: per il suo gesto, per la situazione in cui lasciava la sua famiglia e per quello che aveva fatto il 15 settembre, quando aveva ucciso Valdet Avdyli e Nexhmedin Mustafa, i suoi due ex operai kosovari. (…)
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