Dove va il gruppo Springer, la frontiera digitale del giornalismo

di Alessandro Alviani

Giunto quasi al termine della sua lezione all’università di Tubinga, il 26 maggio scorso, Mathias Döpfner, numero uno del gigante editoriale tedesco Axel Springer, dice una frase chiave per comprendere la sua idea del giornalismo: “Penso che il più grande obiettivo del nostro settore, il principale obiettivo di giornalisti ed editori in questi giorni sia quello di emancipare l’idea del giornale dalla carta”. E spiega: “Se si riuscirà ad affermare l’idea del giornale nel mondo digitale come modello economico di successo, allora non ci sarà davvero nessuno motivo per preoccuparsi per il futuro del giornalismo”.

A suo parere, il futuro è di quei giornalisti ed editori che sapranno innovare sul piano tecnico ed estetico, ma resteranno radicalmente conservatori riguardo ai contenuti, cioè continueranno a puntare sulla qualità. Il messaggio di Döpfner, che insiste con decisione sui vantaggi del giornalismo online, è questo: “Non scompariremo, in quanto cambia meno di quanto pensiamo. E non dobbiamo far tutto in modo radicalmente diverso, in quanto altrimenti scompariremo davvero».

Non a caso la sua lezione ha questo titolo: “Addio al pessimismo. Perché il giornalismo trae profitto dalla rivoluzione digitale”. Un titolo emblematico: Springer è lo stesso editore che nell’ultimo anno ha contribuito come nessun altro ad alimentare quel pessimismo e quei timori, cedendo per 920 milioni di euro un nutrito pacchetto di giornali, tra cui titoli storici come l’Hamburger Abendblatt e la Berliner Morgenpost. Dove va Springer? Può la strada indicata dal gruppo tedesco valere anche per i gruppi editoriali italiani?

springer 2Esistono due costanti nei discorsi di Döpfner degli ultimi mesi. La prima riguarda le critiche a Google e al suo monopolio di fatto, accuse ribadite anche a Tubinga con toni forti. Il commissario europeo Joaquín Almunia vuole solo obbligare Google a vendere spazi pubblicitari ai concorrenti che sono svantaggiati dalla sua posizione dominante, attacca l’amministratore delegato di Springer, che aggiunge pesante: si tratta dell’introduzione, sancita dalle autorità dell’Unione europea, “di un modello di business che in ambienti meno onorati si chiama pizzo”. Il secondo leitmotiv è la ripezione dei termini “digitale” ed “elettronico”. Il gruppo si è dato un chiaro obiettivo: “Axel Springer vuole diventare l’editore digitale leader”. E ci sta riuscendo.

Nel primo trimestre dell’anno Springer ha realizzato per la prima volta oltre la metà degli utili e del fatturato nel settore digitale. Una svolta, le cui ragioni vanno ricercatenon tanto nell’offerta di contenuti giornalistici – la stessa Bild, la corazzata del gruppo, continua a perdere copie – quanto piuttosto nell’espansione in settori che col giornalismo hanno poco o nulla a che fare. Springer è un editore originariamente puro che oggi non fa puramente editoria. Il gruppo controlla tra gli altri il sito di annunci di lavoro StepStone, i più grandi portali di annunci immobiliari in Francia (Seloger) e Belgio (Immoweb) e uno dei più noti in Germania (Immonet), inoltre ha appena acquistato il principale sito di annunci in Israele (Yad2), gestisce i più conosciuti siti tedeschi per confrontare prezzi (Idealo) o sfogliare in digitale i volantini pubblicitari dei supermercati (Kaufda), infine ha rilevato l’applicazione per il fitness Runtastic e detiene una quota del sito di affitti Airbnb. È da queste attività che arriva oggi gran parte degli utili del gruppo, nelle cui mani sono rimasti ormai soltanto tre giornali (Bild, Welt, B.Z. e le relative edizioni domenicali), più una serie di magazine. “Döpfner ha trasformato una casa editrice in un supermercato nel quale ci sono anche un paio di giornali alla cassa”, ha scritto lo Spiegel a fine gennaio in un ritratto al vetriolo del top manager del gruppo.

Springer conosce fin troppo bene i dati delle vendite dei giornali in Germania e cerca margini di guadagno più elevati altrove. I ricavi nel digitale hanno più che compensato la flessione nella carta stampata. La Repubblica federale dispone di un invidiabile panorama di quotidiani locali, regionali e nazionali, tuttavia anche qui la crisi si fa sentire. Sempre più redazioni vengono accorpate, titoli scompaiono dal mercato – e le vendite calano. Tra il 1993 e il 2013 le copie dei quotidiani tedeschi vendute sono passate da un totale di 25,4 a 17,5 milioni di copie. Nel primo trimestre del 2014 la Bild – un giornale che raggiunge oltre 12 milioni di lettori – ha venduto in media circa 2,4 milioni di copie al giorno con una flessione del 5,8 per cento su base annua). Numeri ben diversi rispetto all’Italia, dove il giornale con la diffusione media più elevata (il Corriere della Sera) si fermava a marzo a una media di circa 360mila copie.

Eppure l’andamento calante preoccupa molto gli editori tedeschi. Springer reagisce puntando sui contenuti digitali e sull’innovazione. Con scelte che appaiono impensabili in altri Paesi: nel settembre del 2012 il direttore della Bild, Kai Diekmann, ha lasciato temporaneamente la sua scrivania e si è trasferito per nove mesi nella Silicon Valley insieme al responsabile marketing e al numero uno del settore digitale di Springer. Obiettivo: incontrare “startup” e investitori per individuare possibili modelli per il futuro del giornalismo. Il primo risultato del viaggio è arrivato nelle scorse settimane: Springer ha investito nel magazine digitale statunitense Ozy.

L’editore ha poi acquistato la tv all-news N24 e punta ad accorparla alla Welt, per dar vita al gruppo multimediale più importante nel giornalismo tedesco di qualità, inoltre ha dato vita a una nuova web tv sperimentale (www.zuio.tv), lanciato un nuovo magazine per iPad per sperimentare sul fronte del digital storytelling e una “app” di news “per la generazione digitale”, che in realtà sembra ben distante dal principio della qualità celebrato da Döpfner.Springer sta poi potenziando il sito della Bild: l’ultima mossa è la nomina del giornalista statunitense Robert King, in arrivo da Vice, a “creative director video”. Per i siti di Bild e Welt è stato già introdotto l’anno scorso un paywall flessibile. Risultato: 152mila lettori paganti per Bild e 47mila per la Welt nei primi sei mesi. A Tubinga Döpfner spiega questa mossa così: “Il nemico del giornalismo non è la scomparsa della carta, il nemico del giornalismo è la cultura del gratuito”. Una buona storia resta una buona storia, indipendentemente che esca su carta o in digitale, si dice convinto il manager al termine della sua lezione. Ma, malgrado le sperimentazioni e i viaggi negli Stati Uniti, il suo gruppo oggi non guadagna tanto con le buone storie, quanto piuttosto con gli annunci immobiliari e di lavoro.

 

 

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