di Lorenzo Pompeo*
Dopo mesi di scontri e manifestazioni e quando le tensioni tra il partito del presidente Janukovich e i dimostranti si stavano facendo sempre più aspre, fino a far pensare al rischio di una guerra civile, sembra che in Ucraina si stia profilando la possibilità di un accordo tra governo e opposizione. L’intesa raggiunta nella notte prevede, sulla carta, elezioni presidenziali anticipate, una riforma che limita i poteri del presidente e un governo di unità nazionale. Non sappiamo ancora, tuttavia, se questa possa essere la soluzione che porrà fine alle proteste che da mesi stanno mettendo a ferro e fuoco il centro della capitale e che negli ultimi giorni hanno provocato oltre un centinaio di morti. Molte città dell’Ucraina occidentale sono saldamente in mano all’opposizione e il presidente Janukovich, pur dichiarandosi disposto a dialogare con l’opposizione, fino a questo momento non si era dimostrato disposto a fare concessioni significative ai manifestanti. La diplomazia europea, apparsa poco incisiva, sostanzialmente inerme (a volte persino inerte), in questi ultimi giorni finalmente si è però attivata in modo concreto. Vedremo se l’accordo terrà e se tutti i contraenti si diranno soddisfatti.
Nei giorni scorsi alcuni leader europei avevano minacciato di ricorrere a sanzioni verso il governo ucraino, pur sapendo che si tratterebbe di una misura dal significato puramente simbolico. Nel frattempo, il Cremlino continua a ribadire che le diplomazie occidentali non devono intromettersi negli affari interni dell’Ucraina, mentre il presidente Usa, Barack Obama, con una sua dichiarazione ufficiale, nei giorni scorsi si è detto preoccupato per il corso degli eventi a Kiev, invitando Janukovich ad evitare prove di forza. Dichiarazioni dello stesso tono aveva rilasciato la cancelliera Merkel, mentre il premier polacco Donald Tusk da mesi sta cercando di spingere il Vecchio continente verso una posizione più attiva nei confronti della crisi ucraina. Per quanto riguarda l’Italia solo in questi ultimi giorni, quando non è stato più possibile ignorare ciò che sta accadendo a Kiev, vi è stata qualche timida presa di posizione contro la repressione di piazza, anche se sui blog nostrani frequentemente si accusano gli Stati Uniti di fomentare le proteste per strappare il Paese alla sfera di influenza russa. La presenza dei mediatori europei a Kiev ha scongiurato l’opzione militare, ma va detto che il presidente Janukovich non è mai sembrato intenzionato a ricorrere alla soluzione militare, una soluzione che certamente avrebbe un costo rilevante in vite umane. Se ora ha aperto al negoziato è perché costretto dagli eventi: Janukovich sa bene che l’inasprirsi dello scontro potrebbe mettere in discussione l’integrità territoriale del Paese (ma nemmeno questa sarebbe una soluzione semplice e indolore).
Difficile fare un paragone tra questa crisi e alcune altre recentissime, quelle che hanno scosso il mondo arabo (Tunisia, Egitto, Libia) o alcuni paesi europei (pensiamo soprattutto agli “indignados” spagnoli). In questo caso le rivendicazioni sociali si sono aggiunte a quelle “nazionali”. Anche per questo nel fronte dell’opposizione sono confluite le forze più eterogenee (liberali, nazionalisti, sia moderati che estremisti, populisti), così come era successo in Polonia negli anni ’80, quando sotto la bandiera di Solidarnosc convissero le anime più diverse (ricordiamo, per inciso, che fu proprio l’estenuante contrapposizione tra il presidente uscente Viktor Jushchenko e l’allora premier Julia Tymoshenko, protagonisti della cosiddetta “rivoluzione arancione”, ad aprire le porte all’attuale presidente). Ad ogni modo, la crisi non potrà non avere ripercussioni, qualsiasi saranno i suoi sviluppi, sulla debole economia ucraina (inoltre, la dipendenza dal gas fornito dal monopolista russo Gazprom rappresenta un’ipoteca concreta sulla sovranità ucraina). Con o senza Janukovich il cammino dell’Ucraina non sarà facile e più che mai sarà necessario un impegno concreto e a lungo termine da parte dell’Unione europea per aiutare il Paese a uscire dalla crisi e stabilizzare l’economia. Anche se, molto probabilmente, dovrà fare i conti con Putin.
* Lorenzo Pompeo è un esperto di problemi dell’area est europea, traduttore dall’ucraino e dal polacco