Una ninnananna contro la ’ndrangheta
A scuola da Lea e Giusy
Francesca Prestia è una cantastorie calabrese che si occupa delle storie di quelle donne, a volte poco più che ragazze, che scelgono di ribellarsi al destino di affiliazione e paura che le famiglie vorrebbe per loro. Canta la storia di una ragazza di Rosarno cresciuta in una famiglia malavitosa e sposata troppo giovane con un uomo dell‘ndrangheta; Giuseppina Pesce, una donna ‘di mafia’ poco più che trentenne che, dopo l’arresto, decide di cambiare vita e collaborare con i magistrati. ‘A cantastorij di Catanzaro stavolta mette in musica una lettera scritta da Giuseppina Pesce alla figlia lontana. Giusy, infatti, oggi vive sotto protezione in una località segreta, separata dai suoi figli, che sono rimasti a Rosarno a casa della nonna, dove lei è considerata una “infame”. Una ninnananna struggente che, nel rinsaldare l’alleanza d’amore fra madre e figlia, spezza il legame mortifero che vuole le donne inchiodate alla necessità di trasmettere ai figli la dedizione alla catena di sangue e di onore della ‘ndrangheta. “Angela dal giorno che sei entrata nella mia vita l’hai cambiata, tutto è diventato più facile, più dolce, più vero (…) Sei la forza che mi fa andare avanti giorno per giorno in queste quattro mura (…) Andremo incontro ad una vita nuova, quella che quando sei venuta al mondo hai dato a me, quella che ho sempre sognato per te”. Così scrive Giusy Pesce, testimone chiave del processo All Inside contro la sua famiglia, che ha già portato a numerosi arresti e a un sequestro di beni per oltre 220 milioni di euro. Per fortuna Giusy ha incontrato la sostituto procuratore di Reggio Calabria Alessandra Cerreti, la pm che sostiene l’accusa al processo e che la accompagna nel suo difficile percorso di collaboratrice di giustizia. E’ nelle sue mani che Giusy ha consegnato la lettera alla figlia, che la giudice ha letto lo scorso giugno a Trame, il festival dei libri sulle mafie di Lamezia Terme. Ed è tramite Alessandra Cerreti che Francesca Prestia ha fatto arrivare a Giusy il cd con la sua ninnananna.
Dopo aver finito un anno di lavoro con i ragazzi delle scuole, Francesca Prestia, instancabile, è già pronta per i concerti di agosto in Calabria, pausa estiva prima di un altro anno di impegno nelle scuole.
Dopo Lea Garofalo, Giusy Pesce: la sua ricerca artistica si sta sempre più concentrando sulle donne che si ribellano alla ‘ndrangheta.
“Voglio dare voce alle donne coraggiose che rischiano la vita per costruire un futuro diverso, una vita normale per i loro figli. Sono tante e vanno ricordate: ho appena composto anche una tarantella dedicata ad Ilaria Alpi, Rita Atria, Maria Concetta Cacciola e Stefania Grasso, la figlia di Cecè, un commerciante di Locri ammazzato nell’89 perché non voleva pagare il pizzo. Oggi la figlia continua l’impegno del padre. Nella tarantella le nomino tutte: in comune hanno la determinazione a ribellarsi e io sono convinta che se ci uniamo a loro ce la faremo a cambiare il sistema malavitoso, perché le persone oneste sono molto più numerose dei mafiosi”.
Una testimonianza che quest’anno è entrata anche nelle scuole calabresi. Com’è nata l’idea di lavorare con i ragazzi?
“Io sono insegnante nella scuola primaria e per quest’anno scolastico il Miur mi ha distaccato come cantastorie su un progetto dedicato a Lea e a tutte le donne calabresi. Abbiamo organizzato incontri di riflessione sulla mafia con magistrati, sociologi, antropologi, agenti di polizia: esperti in materia che hanno spinto i ragazzi a riflettere su come funziona il sistema mafioso. Siamo stati nelle classi terze, quarte e quinte di alcuni licei ed istituti superiori di Siderno e Gerace, Palmi, Lamezia Terme e Catanzaro. Abbiamo portato i ragazzi anche al Museo della ‘ndrangheta di Reggio Calabria, che si trova in una villa a tre piani con tanto di bunker, sequestrata alla criminalità organizzata e aperta ai visitatori: così hanno visto che un mafioso trascorre gran parte della vita in una cantina umida come un animale in gabbia”.
L’esperienza è stata tradotta anche in musica?
“Certamente: abbiamo attivato dei laboratori in cui ho proposto agli studenti e alle studentesse anche il mio percorso narrativo di cantastorie e poi, insieme, abbiamo scritto delle canzoni che sono state infine registrate in una sala di incisione. Hanno vissuto l’esperienza con entusiasmo perché si sono sentiti protagonisti e hanno potuto mettere in musica le loro paure, i dubbi, la loro vita in territori difficili, segnati dalla criminalità organizzata. Il cd è stato stampato in 4mila copie e verrà distribuito nelle scuole calabresi ma anche regalato dal Miur a rappresentanti delle forze dell’ordine e del Governo”.
Qual è il bilancio di questo lavoro?
“Il contatto con i ragazzi e la gente è stato entusiasmante. E’ partito in sordina perché non sapevamo se potesse funzionare nelle scuole e invece ha avuto un gran successo: ho incontrato colleghi disponibilissimi che hanno lavorato con me anche senza la certezza di un guadagno; sono stati eccezionali nel coinvolgere i ragazzi durante gli incontri con i magistrati e le forze dell’ordine. Da parte loro, i ragazzi sono stati attenti, diretti e anche spietati nelle domande – “ma quando arrestate i mafiosi, loro che fanno?”, “Dopo che hanno confessato, cosa succede? Perché dicono che li abbandonate?”: sono stati sensibili e capaci di arrivare al nocciolo del problema. Anche perché bisogna sempre ricordare che la loro vita quotidiana è condizionata dalla presenza dell’ndrangheta, non è facile dissociarsi per chi vive a Gioia Tauro o a Rosarno e lo Stato è spesso visto come quello che arresta, che condanna, che ti fa la perquisizione. Quindi questi incontri sono serviti anche per avvicinare le istituzioni alla persone”.
Lo rifarete?
“Riprenderemo il progetto in autunno ma stavolta vorremmo portarlo fuori dai confini della Calabria e per questo stiamo selezionando quattro scuole in Sardegna, Toscana, Veneto e Lombardia. In particolare in Barbagia abbiamo incontrato una ventina di donne sindache che hanno progetti molto interessanti e saremmo felici di lavorare in un territorio dove c’è una grande tradizione di resistenza femminile. Vogliamo anche collegarci al mondo del lavoro partendo dalla raccolta delle arance di Rosarno e trasformare – per quanto possibile – una storia di sfruttamento per migliaia di immigrati in una possibilità di riscatto. Con la collaborazione di Libera, sceglieremo le aziende virtuose che credono nella legalità aggiungendo alle confezioni dei loro agrumi una cartolina con i testi delle mie canzoni sulle donne che si sono battute contro l’ndrangheta. Organizzeremo anche delle feste agroalimentari dove racconteremo storie di antimafia insieme al mondo del lavoro, con l’appoggio del Ministero dell’Agricoltura e della Coldiretti”.
(La fotografia di Francesca Prestia è di Paolo Ciaberta)