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“Eccola la guerra. Non è cinematografica e nemmeno affascinante. È brutale. Non ci sono mitragliatori, non ci sono divise e neppure proclami patriottici. Solo le urla e le vittime di abusi sessuali e di torture. La si ritrova chiara, senza filtri, nell’Ospedale psichiatrico Tulizo Letu di Goma, un centro di accoglienza e di recupero, nei cui padiglioni si susseguono i volti di trenta vittime della violenza, trenta storie del conflitto che sta insanguinando il Congo da oltre vent’anni. Nei manuali i grandi numeri e le vicende collettive sono un fiume in piena che tutto travolge e tutto accomuna, dove le vicende dei singoli sono assorbite dalla generalizzazione del dramma, ma nella realtà quotidiana, quello che emerge sono i nomi e i cognomi, le vite individuali, la distruzione, l’orrore.
Ha diciott’anni Saleh Harerimana. Seduto, in una stanza del nosocomio, compone rosari, ricercando nella provvidenza un’ancora di salvataggio a una vita andata alla deriva, per un volere carnefice lontano dal proprio scibile. Lavorava al mercato insieme a cinque suoi amici, nella regione del Masisi. Poi a giugno, durante uno scontro a fuoco, tre pallottole lo hanno raggiunto: una alla coscia, una al braccio e un’altra alla spalla sinistra”. (…)