“Osservatorio” – Don’t forget Sarajevo! – Elezioni in Bosnia-Erzegovina.Vince il voto etnico – testo di Massimo Vita

Sul numero 11 di Reportage, si parlava di Sarajevo e della situazione politica attuale della Bosnia. Il reportage “Don’t forget Sarajevo!”  di Massimo Vita si apriva con queste parole.

“Sono passati vent’anni da quel 6 aprile 1992. Vent’anni dall’inizio dell’assedio di Sarajevo e dall’inizio di una delle più atroci guerre europee dal dopoguerra ad oggi. La Bosnia mi accoglie a braccia aperte, con la gentilezza innata dei suoi abitanti, con la voglia di contatto umano, con la voglia di tornare a una normalità che sembra ancora lontana. Si respira aria di primavera a Sarajevo e in tutta la Bosnia, anche se marzo e aprile sono i mesi in cui il freddo balcanico non ha ancora abbandonato il Paese, gli sbalzi di temperatura tra giorno e notte sono notevoli e ogni tanto la neve regala qualche bianco momento anche nelle città. Sarajevo sembra aver lasciato alle spalle gli orrori della guerra, non le ferite, ancora visibili. (…)
Domenica scorsa in Bosnia-Erzegovina si sono tenute le elezioni amministrative. Pubblichiamo un nuovo testo di approfondimento di Massimo, che ci racconta come sono andate le cose.Elezioni amministrative Bosnia-Erzegovina 2012. Vince il voto etnico.“Domenica 7 ottobre si sono tenute le elezioni amministrative in Bosnia-Erzegovina, elezioni che non hanno ancora vincitori ufficiali. Lo spoglio delle schede, infatti, procede a rilento e la Commissione elettorale centrale (www.izbori.ba) rilascia comunicati su comunicati senza essere ancora riuscita ad ufficializzare la situazione definitiva (legalmente la commissione è obbligata a confermare i risultati entro 30 giorni dall’Election day). Mentre il conteggio prosegue e i sospetti aumentano, appare chiaro che il primo partito è il partito dell’astensione con circa il 44 per cento dei non voti. Il livello di partecipazione elettorale viene considerato come uno dei principali strumenti per misurare lo stato di salute di un Paese, l’astensionismo presenta componenti sociologiche, fisiologiche e apolitiche che si possono ritrovare nella maggioranza degli stati democratici (o detti tali). Vale la pena, però, nel caso specifico, puntare l’attenzione sull’esclusione di gruppi di persone dalla vita socio-economica della comunità, o per meglio dire, visto che ci troviamo in Bosnia-Erzegovina, esclusione dalle comunità di differente appartenenza etnica. Tralasciando le teorie filosofico-politiche è il caso di soffermarsi sulla critica situazione economica della Bosnia-Erzegovina e pensare a tutto ciò che non è stato fatto o non si è voluto fare e a come il Paese continui a vivere una separazione sempre meno sanabile.Oltre all’alta percentuale di astensionismo, c’è infatti un dato fondamentale: la divisione del voto secondo base etnica. Si annuncia quindi (in base ai dati preliminari, incompleti e non ufficiali pubblicati comunque dalla Commissione elettorale centrale), il successo dei tre partiti nazionalisti tradizionali nelle proprie aree d’influenza. Il principale partito bosgnacco (bosniaco-musulmano) Sda (Stranka demokratske akcije, ovvero Partito d’azione democratica), il serbo Sds (Srpska demokratska stranka, ovvero Partito democratico serbo) e il croato Hdz (Hrvatska demokratska zajednica Bosne i Hercegovine: Unione democratica croata di Bosnia ed Erzegovina). Questo dato non può che farci tornare indietro di anni, neanche troppi però, a quando cioè, agli inizi degli anni Novanta, dopo la disgregazione della Jugoslavia e prima di una delle ultime guerre jugoslave, il risultato elettorale fu pressoché identico.Lo sguardo della comunità internazionale è puntato principalmente a Srebrenica, teatro di una delle più nefaste pagine di storia europea contemporanea, dove, per la prima volta, hanno votato solo gli attuali residenti e non quanti vi risiedevano prima della guerra. Srebrenica non ha mai avuto un sindaco serbo. Prima del genocidio, la comunità musulmana era circa l’80 per cento della popolazione, ma oggi la maggior parte della popolazione rimasta è di etnia serba. I musulmani sopravvissuti ai massacri sono infatti scappati altrove e in pochi hanno fatto ritorno combattendo l’ennesima e forse non ultima battaglia contro il ricordo e la memoria. Qui, il testa a testa si conta sul filo di voti. La candidata della coalizione di partiti serbi, Vesna Kocevic, sarebbe stata in testa nello spoglio delle schede nei seggi locali ma, l’attuale sindaco pro tempore, il musulmano Camil Dukarovic, forte dei voti “a distanza” e via posta di cui ancora si sta facendo lo spoglio a Sarajevo (la legge permette comunque il voto a chi è attualmente registrato nelle liste elettorali locali) sembra il destinato alla vittoria finale (a dir la verità già festeggiata ma non sancita dai dati ufficiali della Commissione elettorale centrale).

Ciò che sembrerebbe un dato definitivo (il condizionale è comunque d’obbligo, anche solo per onestà intellettuale) è l’elezione di Amra Babic (Sda) a Visoko, 30 km a nord di Sarajevo. Amra Babic, economista, musulmana, vedova di un uomo ucciso durante il conflitto del 1992-1995 e per molti anni direttrice di un’associazione di famiglie di combattenti musulmani morti in guerra, passerà alla storia come la prima donna sindaco con la hijab (il velo islamico che lascia scoperto solo l’ovale del viso) della Bosnia-Erzegovina e dell’Europa in generale.

Queste elezioni seppur con i dati non ancora ufficiali testimoniano ancor una volta quanto la Bosnia dalla prima metà degli anni Novanta sia un Paese diviso, quanto i partiti di governo siano stati “puniti” principalmente per le fallimentari e disastrose politiche economiche (in primis di privatizzazione e di tagli al welfare) e quanto una vera politica di riconciliazione nazionale sia al di dal divenire reale.”

 

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