Stephanie Sinclair – Child Brides
VII Agency – per National Geographic.
di Maria Camilla Brunetti.
Child Brides è un lavoro a lungo termine – meraviglioso e sconvolgente – realizzato per National Geographic, con il quale la fotoreporter americana Stephanie Sinclair, si è aggiudicata l’edizione 2012 del premio Visa d’Or Magazine. Stephanie è l’unica fotografa al mondo ad avere vinto in tre occasioni il più importante riconoscimento di Visa pour l’Image.
Il calvario delle spose bambine è un fenomeno che coinvolge moltissimi paesi del mondo. A dispetto delle normative internazionali che lo vietano, questa pratica è ancora perpetrata a danno di milioni di bambine e adolescenti.
Nel 2003 a Herat in Afghanistan, Stephanie Sinclair conosce Meigon, una ragazza afghana che le racconta la sua storia. Data in sposa dal padre tossicodipendente a soli 11 anni a un uomo molto più anziano di lei, ha vissuto una quotidianità di violenza e abusi. Stephanie decide in quel momento di dedicare tutta se stessa a documentare il dramma di queste bambine, viaggiando per anni tra Afghanistan, Nepal, Yemen, Etiopia e India.
L’abbiamo ascoltata il 7 settembre al Palais de Congres di Perpignan, in occasione della conferenza di presentazione di Child Brides al pubblico di Visa pour l’Image.
“È stato durante il lavoro Self-Immolation (Self–Immolation: a Cry for Help – progetto sulle donne afghane che per combattere e fuggire la violenza dei loro mariti si auto-immolano dandosi fuoco. Il lavoro è stato premiato a sua volta a Perpignan nel 2004 con il Premio Visa d’Or), che per la prima volta ho conosciuto di persona una ragazza che era stata vittima di un matrimonio forzato precoce. Non sempre alla base di un gesto come l’auto-immolazione c’è un matrimonio precoce e non in tutti casi in Afghanistan questo avviene, ma è sicuramente una pratica comune che le bambine vengano date in spose a otto, nove o dieci anni. Self–Immolation è stato un progetto così intenso, toccante, che ho sentito la responsabilità come giornalista di continuare a occuparmi di un soggetto di questo tipo. Quello dei matrimoni forzati precoci è un problema che coinvolge più di cinquanta paesi nel mondo, non è strettamente connesso a un determinato tipo di religione o di società. Succede in India, ma anche in Etiopia ho fotografato matrimoni di comunità cristiane all’interno delle quali avviene. Non è solo qualcosa che riguarda paesi ultra conservatori, anche in alcune piccole comunità del mondo occidentale avviene. Mi sono concentrata su questi paesi (Afghanistan, Nepal, Yemen, Ethiopia e India) perché qui il matrimonio di bambine avviene in oltre il 50 per cento dei casi”.
Ad un tratto Stephanie si interrompe per raccomandarsi, nel caso qualcuno in aula stesse video-filmando di non caricare in rete i filmati. Tra le immagini che scorrono sul grande monitor alle sue spalle ci sono fotografie di bambine o giovani donne che non hanno il permesso, per esempio in Yemen, di essere viste non velate. È sinceramente preoccupata, ammette di essere molto protettiva nei confronti delle bambine e delle giovani ritratte. Questo rivela molto del suo coinvolgimento, della sensibilità e dell’intensità con cui porta avanti il suo lavoro.
“Il comun denominatore – continua – che unisce le realtà in cui mi sono occupata di matrimoni di bambine è la mancanza di una reale educazione per le donne. Non solo di educazione primaria a scuola. In Yemen, per esempio, il problema è radicato in una cultura profondamente conservatrice e tradizionalista, in cui le donne a scuola hanno il permesso di parlare solo con insegnanti donne. In molti casi le bambine devono abbandonare la scuola semplicemente perché nella comunità nella quale vivono non ci sono insegnanti donne. Tutte vorrebbero continuare a studiare ma questo non avviene. La possibilità di assistere e di essere ammessa in certi contesti mi è sempre stata data da membri della comunità che non vogliono che questa pratica continui. Sono stata sempre molto onesta nel descrivere il mio progetto alla comunità e alle persone con le quali mi sono rapportata, ma allo stesso tempo per quanto riguarda il mio lavoro nello specifico, ho cercato di avere un atteggiamento di non-giudizio, perché ho capito che questa pratica è vissuta come qualcosa di totalmente connesso a una tradizione che va avanti da centinaia di anni. Ho avuto occasione, in alcuni casi, di parlare con le madri di queste bambine, ogni caso è diverso, dipende molto dalle famiglie dalle quali provengono e dall’educazione. Alcune tra loro sembravano contrarie, mi dicevano sto parlando con te perché questa è la realtà ma vorrei che non avvenisse più. Il tema nevralgico è che queste donne in molti casi non conoscono il concetto di autostima, perché non vivono in una società che riconosce il valore della donna, come principio. Comunità in cui non esiste il concetto di diritto della donna, in cui è normale, a livello comunitario, celebrare la nascita di figli maschi. Si deve lavorare per riuscire a dare alle donne la possibilità di raggiungere un grado di educazione che le renda consapevoli del loro valore, del loro ruolo, della loro persona e dell’importanza dei loro diritti. Parte delle storie realizzate per National Geographic, alla fine del progetto saranno convogliate in un lavoro più grande sul tema dei matrimoni precoci, che toccherà diversi aspetti della questione, economico, sociale, legale, culturale. Ora sto lavorando con l’UN Population Fund, in una grande campagna della durata di due anni sul matrimonio forzato precoce. To Youg to Wed. Parte di questa campagna è anche volta a dare alle persone la possibilità e il modo per fare qualcosa. Sono coinvolta in questo progetto totalmente. Non si può lavorare in un progetto di questo tipo, incontrare, ascoltare queste bambine, e non dare il 100per cento di se stessi. Alcune delle bambine ritratte in queste fotografie mi hanno confidato di non avere mai provato o ricevuto amore in tutta la loro vita. È nostra responsabilità fare qualcosa”.
VISA pour l’IMAGE – International Festival of Photojournalism
Perpignan, 1-16 settembre 2012
www.visapourlimage.com
www.stephaniesinclair.com